30 anni di Etica e Passione – Fugazi – Repeater (Dischord 1991)
Luglio 1991
Ho preso servizio a partire dal 15 del mese presso l’Istituto pubblico per Anziani G. Salvi, casa di riposo della mia città come obiettore di coscienza. Mi sono laureato a marzo e i tre mesi abbondanti trascorsi da allora sono stati all’insegna del mero cazzeggio in attesa della chiamata da parte dell’ente cui donerò il mio impegno civile per i dodici mesi a venire.
Il ruolo cui sono chiamato mi vedrà dedicare la giornata ad organizzare attività per gli ospiti non autosufficienti di questa grande casa di riposo in modo da rendere loro meno noiosa e pesante la vita quotidiana.
Condivido questa esperienza con un’altra ventina di ragazzi di varia provenienza ed età con alcuni dei quali si crea un rapporto che, ancora non ho possibilità di saperlo, ma durerà decenni.
Le attività proposte sono varie, gite e passeggiate all’esterno nella bella stagione, attività creative e ludiche durante quella brutta, lettura del giornale, musica insieme, piccoli spettacoli, ma anche tanto dialogo, chiacchiere e ascolto nei confronti di persone che hanno tanto da dire a da dare ma che sono rimaste più o meno sole al crepuscolo dell’esistenza per ragioni differenti che hanno tuttavia un solo punto di caduta in comune: la malinconia.
Per noi, ragazzi nel pieno della bellezza e della forza dei vent’anni, è un’esperienza formativa forte che nel suo metterti a contatto con la fragilità dell’uomo in un ambiente chiuso e controllato ti fa sentire utile, significativo, importante dando al tuo gesto una rilevanza in grado di aiutare la tua autostima. Allo stesso tempo ti mette di fronte alla realtà della perdita e della sofferenza in modo intenso e a volte crudo.
Ogni volta in cui entri nel reparto in cui sei di turno e l’operatrice sanitaria ti dice che nella notte è mancata una persona con cui avevi avuto a che fare fino al giorno prima è una piccola o grande botta a seconda del rapporto che eri riuscito a creare con il defunto.
In tutto questo un ruolo importante ha anche la condivisione della vita con i compagni obiettori in due appartamenti che diventano il laboratorio che mette alla prova la nostra capacità di convivere con gli altri in uno scambio quotidiano a volte faticoso e frustrante ma per lo più arricchente ed emozionante.
Con Giovanni, di quattro anni più giovane di me, il click scatta subito aiutato da un interesse condiviso per la musica che diventa il grimaldello reciproco per entrare nelle reciproche grazie e il tronco su cui innestare uno scambio proficuo per entrambi che sfocerà in un legame duraturo.
Giovanni ha in camera un piccolo ghetto blaster decorato con vari adesivi. Il più grande riporta la scritta Antani che conferisce al diffusore il suo nickname: Radio Antani. La specialità di Giovanni è farti ascoltare canzoni una dietro l’altra scegliendo in una pletora di cassette nessuna delle quali riesce a girare nel vano apposito per più di cinque minuti. Un pezzo e via…si cambia cassetta passando a tutt’altro. É grazie a lui che mi arrivano per la prima volta Sonic Youth, Public Enemy, Dinosaur Jr, De La soul e anche Nirvana.
In una di queste sessioni di Radio Antani arriva una delle sberle più memorabili di quei giorni. Tra una cosa e l’altra Giovanni infila l’ennesima cassetta- L’intro nel rumore di sottofondo della casa è quasi inavvertibile, un suono insinuante di feedback che prepara qualcosa in modo quasi minaccioso, qualcosa che deflagra nella stanza con la forza di una pentola a pressione che esplode …”Langour rises reaching …”. Il brano si chiama Turnover, l’album “Repeater”, la band “Fugazi”. É’ un’epifania.
Dei Fugazi, band di Washington D.C., ho letto varie volte su Velvet o su Rockerilla, ne conosco alcune vicende relative a scelte non convenzionali e ad una radicalità che nasce da una visione del mondo molto personale, eticamente ineccepibile che porta loro il rispetto di tutta la scena musicale e con il tempo anche il mio, ma sino a quel momento non ho mai assaggiato la loro musica. L’incontro é di quelli che marchiano a fuoco.
“Turnover” é una parete di chitarre innestata su una ritmica groovy come non sei abituato a sentirne nel punk. La voce di Guy Picciotto, uno dei due cantanti, è pura visceralità, urgenza di dire, di raggiungere te che stai ascoltando.
Repeater che la segue è una corsa impazzita su una ritmica quasi tribale costruita dal batterista Brendan Canty e dal bassista Joe Lally e dominata da una chitarra rapace e dalla voce rabbiosa di Ian McKaye prime mover assoluto della scena Hardcore di D.C. che si stemperano nel refrain che ripete il titolo del brano su una chitarra quasi beffarda, per poi infilarsi in territori quasi dub.
Simile l’andamento della successiva strumentale Brendan 1 che vede il batterista sugli scudi in una scorreria da brividi in cui le chitarre tagliano come rasoi.
Merchandise ha un drive pazzesco che mi ha sempre ricordato certi Police della prima ora. L’attacco alla mercificazione capitalistica è frontale, urlato a due voci da McKaye e Picciotto con un impeto che spazza via ogni cosa: “We owe you nothing, you have no control, You are not what you own”. Ogni volta che riempie la stanza in cui mi trovo è un brivido.
Chiude il primo lato del vinile Blueprint un vero e proprio prototipo di quello che significa potenza controllata (alla faccia di Pirelli) con un Picciotto in stato di pura grazia mentre canta “I’m not playing with you, but you can still come around In fact I invite you down”.
Sieve fisted find e’ un’altra deflagrazione che non fa prigionieri, ritmica senza tregua, chitarre affilatissime e quel “you got it, you got it” che ti obbliga letteralmente all’headbanging prima di introdurti alla condanna della peggiore malattia del genere umano: l’ingordigia cantata in Greed da un McKaye che pare quasi fare il verso ai Ramones quando sbraita “you wanted everything, you needed everything”.
Si rallenta il passo con Two Beats off midtempo che si appoggia sull’elastico basso di Lally mentre le due voci antitetiche ma complementari si sfidano incrociandosi in modo quasi sensuale prima di lasciare spazio a “Styrofoam” un altro proiettile sputato fuori da McKaye con virulenza parossistica.
Reprovisional e’ il primo brano che i Fugazi provarono insieme con due chitarre quando Picciotto entrò in pianta stabile, qui il noise si innesta sulla matrice tipica della band dando una sfumatura nuova al suono Fugazi.
Chiude l’album Shut the door probabilmente sul podio dei pezzi più significativi del gruppo, un viaggio nella disperazione che porta al suicidio appoggiato su una ritmica dub e chitarre che oscillano tra memorie Joy Division e furore sonico mentre McKaye con timbro quasi folle strilla “She’s not breathng, she’s not moving, she’s not coming back” prima di una coda di solo basso e batteria che conduce al finale desolato di Shut the door so i can leave.
E ti chiudi cosi’ la porta dietro un’opera monumentale, una delle cose più significative dell’intero rock americano degli anni 90.
“Repeater” mi é rimasto inciso nella pelle come una cicatrice dopo quel primo ascolto. L’ho acquistato e riacquistato in Cd e Vinile non dimenticando mai da dove era uscito quando ci siamo incontrati la prima volta, una scrausa cassetta infilata in quella Radio Antani che ha fornito gran parte della colonna sonora di quell’annata che alcuni di noi conclusero con le lacrime agli occhi consci di aver vissuto un momento unico ed irripetibile e di aver avuto l’opportunità di conoscere anime giovani ed anziane splendide nella loro umanità.
Inevitabilmente la mia mente torna in quella casa di riposo mentre ascolto questi Fugazi e ad alcuni di quei volti di persone anziane che ho conosciuto quasi trent’anni fa e non posso fare a meno di chiedermi se il virus abbia esteso il suo feroce artiglio anche dentro quelle mura che hanno segnato in modo così indelebile i miei anni successivi. Conosco già la risposta, purtroppo.
I burn a fire to stay cool
I burn myself, I am the fuel I never meant to be cruel
Have you ever been cruel?