IOSONOUNCANE: “DIE” – Giorno, Lei, Morire
“Quando, parlando con Manlio Massole, gli ho raccontato che mi ritrovavo tra le mani quest’uomo in mezzo al mare, pur non sapendo ancora se effettivamente fosse davvero in mezzo al mare, visto che non è detto che lo sia, gli ho rivelato che non sapevo se quest’uomo sarebbe sopravvissuto oppure no e ancora se fosse addirittura già morto, lui mi ha risposto in maniera lapidaria con una semplice frase: è bene che questo non lo sappia nemmeno tu.”
(Jacopo Incani in arte IOSONOUNCANE)
Autunno 2012. Il tour de “La macarena su Roma” è finito. Jacopo ha in testa delle immagini. Si ritrova a ripetere ossessivamente in testa sempre le stesse parole. Sole, rive, sale, morte, fame, sete.
Come affrontarle? Il suo primo disco è stato un album prosaico, verboso, nato dalla volontà di dire determinate cose, di sfogare la rabbia. Rabbia scaturita anche dall’essere finito a lavorare in un call center per sopravvivere. Si, perché vivere è un’altra cosa. Vivere è andare in giro per l’Italia in treno per suonare. Basta una loop station. Proprio come farà per il lunghissimo tour del suo primo album. Torna a Buggerru. Un paesino sperduto nel profondo sud della Sardegna benedetto dal mare. Torna a casa. Tutto diventa sempre più chiaro. Tutto è più nitido. Quelle parole che aveva in testa avevano sempre lo stesso significato ma contemporaneamente sempre uno diverso. Diventano archetipi. Avevano una diversa interpretazione in base a come si posizionavano all’interno della composizione musicale. A seconda di quale synth o di quale accordo le accompagnasse.
Erano tutto e niente. Erano vita ed erano morte. Erano uomo ed erano donna. Raccontavano di un uomo in mezzo al mare e di una donna che lo aspettava da qualche parte. Ogni interpretazione, ogni lettura, era legittima ma incompleta. Credo lo fosse anche per lo stesso Incani quando indeciso sul destino del suo uomo in mezzo al mare, sospeso tra la vita e la morte, chiese lumi all’anziano amico, Manlio Massole, minatore e poeta del suo paese. Legge tantissimo Jacopo. Nel periodo di composizione del suo sophomore si concentra su Steinbeck, Hemingway, Albert Camus e Cesare Pavese di cui legge e rilegge il suo poemetto “La terra e la morte”. Il titolo dell’album è “DIE”. Che significa giorno in sardo, lei in tedesco, morire in inglese. Giorno per la luminosità della bellissima cover del disco. Per le aperture della splendida melodia di “Stormi”. Ricordo perfettamente quando la sentì la prima volta. Ero nel ballatoio di una diroccata casina di montagna a guardare lo splendido giardino sotto di me. Seduto su una sdraio degli anni ’70. Scoppiai in lacrime dopo pochi secondi per la sua bellezza.
Una versione alternativa della sindrome di Stendhal. Pensare che dopo cinque anni dalla sua uscita, in una nazione come l’Italia, questa canzone sia stata certificata disco d’oro senza neanche mai essere stata singolo fa tornare la fiducia per l’umanità. Lei per la femminilità che aleggia in tutto il disco e fa da contraltare alla figura maschile dispersa in mare. Per i cori e le seconde voci da sirena ammaliante di Serena Locci. Per la sensibilità poetica di Jacopo. Per la dolce e aspra liricità che caratterizza questo capolavoro. Un poema epico di altri tempi, o per meglio dire immortale. Lei per i dolci arpeggi di Paolo Angeli in “Buio”, per le trascinanti progressioni prog del disco, sempre sospese tra sogno e realtà. Per la quiete di “Paesaggio”, subito prima della tempesta finale di “Mandria”. Morire per i bassi pulsanti, pregni di potenza e presagio, di “Tanca”.
Per l’oscurità emanata dalle voci dei tenori sardi, disseminate nei punti chiave del disco. Per l’elettronica distorta. Per il finale grandioso della “Mandria”. Per la ruvida e seriosa professionalità di IOSONOUNCANE. Conscio di aver scritto un capolavoro assoluto. Per la passionale deriva di “Carne”. Per la vita stessa. Perché la vita non è nulla senza la morte e la morte non è nulla senza la vita. Due facce indistinte della stessa medaglia. 6 tracce per un totale di 38 minuti e 9 secondi destinate a crescere sempre di più nell’immaginario collettivo e a consacrarsi come un classico della musica italiana. Un evergreen per cultori dell’arte. Tanto da scavalcare i confini nazionali e permettere a Incani di calcare il prestigioso palco del Primavera Sound a Barcellona e da avere diversi fan oltralpe. Non un disco di musica elettronica ma un disco che usa l’elettronica per fare ciò che vuole. Per immortalarsi. Le influenze musicali sono tante. Dai cantautoriali italiani, come Dalla e Battisti, al progressive italiano che tanto ha fatto parlare il mondo negli anni ’70, a basi degne dell’avanguardia elettronica internazionale, modernissime e antiche allo stesso tempo. Le sue solide fonti letterarie gli permettono di parlare di soggetti non esplicitati direttamente nel disco ma presenti con veemenza, tematiche sempre attuali di ricerca e accettazione dell’homo sapiens dalla sua venuta al mondo, corsi e ricorsi della storia.
L’attesa per il terzo disco del cantautore sardo è spasmodica. Per essere sempre un passo davanti a tutti ha pensato di presentare il suo terzo LP “IRA” dal vivo, in anteprima, in esclusiva. Prima di poter essere sentito in qualunque altro modo. Per 7 eventi disseminati in Italia. La data di Torino è ufficialmente sold-out con più di tre mesi di anticipo. Jacopo si presenterà sul palco con una band di circa 10 elementi. Per creare magia ancora una volta. Per scrivere la storia ancora una volta.