Scrivete(vi)
“Di tutto quanto è scritto io amo solo ciò che uno scrive col sangue.”
(Friedrich Nietzsche)
“Io credo soltanto nella parola. La parola ferisce, la parola convince, la parola placa. Questo, per me, è il senso dello scrivere.”
(Ennio Flaiano)
“Lady writer on the TV
Yeah, she had another quality
The way you used to look
And I know you never read a book
Just the way that her hair fell down around her face
Then I recall my fall from grace
Another time, another place.”
(Dire Straits, “Lady writer”)
Vi ricordate quando ci si scriveva ancora le lettere? Io si, e non sono passati secoli, solo pochi lustri.
Scrivere a mano una lettera era un modo molto diluito, intimo, ragionato, di trasporre su carta parte di sé stessi, condividendo quello stesso pezzetto con la persona a cui era destinata. Ricordo che ci fu un tempo, verso la fine della mia adolescenza, in cui sentii forte la necessità di compiere questo stesso atto, moltiplicandolo più e più volte; ai tempi leggevo i fumetti, e su di uno in particolare – Lupo Alberto – c’era la parte degli annunci, rivolto proprio a chi cercava amicizie di penna. E allora mi dissi “perché no?”.
Mandai un annuncio un po’ simpatico, leggero, rivolto a tutti – ma soprattutto effettivamente a quella parte dell’universo umano non maschile, che per me era ancora praticamente sconosciuto – e, con un po’ di stupore, dopo qualche settimana venne pubblicato.
Mi risposero in più di 100!
Questo significò un bellissimo impegno di scrittura, visto che mi ero ripromesso che avrei risposto a tutti almeno una volta. E man mano che scrivevo, condividevo, ragionavo, mi rendevo conto che parte di quelle parole rimanevano in me come semi, facevano crescere parti di me che negli anni erano rimaste atrofiche.
Baricco sostiene che scrivere sia una forma sofisticata di silenzio; io, invece, credo che sia una forma silenziosa di “sofisticarsi”.
Credo che dovremmo ritornare un po’ più alle lettere; come diceva Calvino, “nascondere qualcosa in modo che poi venga scoperto.”
Soprattutto da noi stessi.