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Jeff Tweedy – Music is My Savior

A Belleville dopo Jimbo Connors non c’era stato più nulla.
Jeff si era comprato la prima buona chitarra acustica, una J-200 del 1959, perché le Martin erano un cliché. Poi una Rickenbacker e poi ancora una D-18 del 1939, perché aveva sempre voluto una Martin. Tutto questo quando ancora abitava in quella topaia in affitto vicino al Casino Queen. Si era fatto costruire una Telecaster da un tipo che le faceva per Danny Gatton. Il giovedì sera si vedeva con un oculista hippie, un assistente del campus e una sorta d’artista. Suonavano decentemente. Si trovavano in una sala prove nella zona del cimitero di Walnut Hill e da mesi lavoravano alle stesse dieci canzoni: I Fought The Law, Coalminers, John Hardy e a una versione di Your Cheatin’ Heart fatta alla maniera dei Minuteman. Ma quella sera invece di punirsi le orecchie con l’elettrica decise di tirar fuori la sua vecchia J-200. La andò a recuperare in legnaia e aprì la custodia: le corde erano un po’ arrugginite. Sotto il lavandino c’era una paglietta di ferro. Allentò, una alla volta, le corde, le avvolse e sfregò la paglietta sulla prima fino a che non cigolasse, poi la riaccordò. Suonava benissimo. Un crimine non usarla mai. Poi s’alzò, si fece un caffè e cominciò a leggere il Pilgrim’s Progress. Era appena arrivato al Pantano della Disperazione quando cominciò a pensare che probabilmente avrebbe dovuto prendere in mano la chitarra e vedere se fosse riuscito a farla funzionare per la sera. Stava ancora cercando di darsi una motivazione, quando il telefono squillò.Jeff Tweedy

Parcheggiò dove finiva il vecchio asfalto e cominciava il nuovo selciato, tra un fuoristrada e una grossa Chrysler col tettuccio in vinile spellato e sul didietro la scritta cromata Fifth Avenue. Portò il twin e la Telecaster alla porta laterale, stando attento a dove mettesse i piedi, piegato a destra come se l’amplificatore fosse ancora pesantissimo. Appoggiò il twin e provò a girare la maniglia. Chiuso. Da dentro, si sentiva arrivare la voce di Little Richard. Arrivò un grassone con la barba sale e pepe, tette cascanti sotto una t-shirt Jack Daniel’s nera. Aprì la porta e la musica divenne più forte: ora sentiva quel fottuto di Bob Seger.

Devi essere il tipo che stiamo aspettando” – disse il grassone con la Jack Daniel’s nera.
Ti serve una mano?”.
Credo di farcela” – rispose Jeff.

Mise giù la sua roba e si guardò intorno. Soffitto basso di mattonelle sbiadite, irregolari, nastri di lampadine a forma di peperoncino che pendevano tra i tavoli, crocchi di gente in piedi al bar o seduta ai tavoli che ciarlavano, fumavano e ridevano, rovesciandosi indietro bottiglie marroni di birra scadente. Zazzeroni heavy-metal, tedeschi rasati di lato, un tipo più vecchio con la faccia segnata e una testa alla Elvis con ogni capello al posto giusto, un paio di donne tracagnotte fasciate in jeans. Da un po’ Marty Robbins suonava El Paso City. “El Paso City by the Rio Grande/Could it be, that I could be/The cowboy in this mistery/That died there in that desert sand so long ago?” Tolse la spina dall’accordatore e la rinfilò nel delay. Accese l’amplificatore e fece un accordo in mi, schifosamente rumoroso sopra Hard To Handle che andava nello stereo.

Jeff Tweedy - together at last coverQualcuno dalla folla urlò: “Yeah!”.
Il miracolo degli accordatori” – replicò Jeff.

Jack Daniel’s stava per salire sul palco, camminava di traverso, passando tra la gente, salutando e mostrando i denti, scusandosi oppure appoggiando le enormi mani su schiene e spalle.
Signori” – disse guardandoli. Fece due annusate rumorose e rattrappì il naso come Samantha in Bewitched.
Siamo lieti di comunicare che tutto è a posto come meglio non si potrebbe e prestissimo cominceremo con il rock and roll. Old time rock and roll”.

I am so out of tune
With you
(…)
Music is my savior
I was maimed by rock and roll
I was maimed by rock and roll
I was tamed by rock and roll
I got my name from rock and roll
(Jeff Tweedy – Sunken Treasure)

Se vuoi approfondire sui Wilco puoi leggere le nostre recensioni dei recenti concerti di Milano e Padova.

Riccardo Magagna

"Credo in internet, diffido dello smartphone e della nuova destra, sono per la rivalutazione del romanticismo e dei baci appassionati e ho una grande paura dell'information overload"