Con gli occhi di Augusto
Caro Augusto avevi ragione tu!
Dicevi che “i Nomadi sono come l’Uomo Mascherato che non muore mai” e guarda un po’: dopo 61 anni continuano a riempire piazze e palazzetti, in simbiosi con un popolo che si abbraccia esausto e felice nonostante i tanti e non sempre indolori cambi di formazione.
Da quando non ci sei il mondo è cambiato tanto, tutto è liquido e immateriale e i tuoi quadri così forti di vita sembrano venire da un’ altra galassia. Che bella questa mostra arrivata a Torino dove poterli vedere da vicino, sfogliare gigantesche pagine che riproducono i diari, leggere i testi con le cancellature, le abrasioni, i ripensamenti, toccare i dischi e le loro copertine. Opere che non “subiscon le ingiurie degli anni” o delle mode, curiosità che si accende e poi i profumi della Bassa, il Campanone (lambrusco di Novellara), il sole che spunta dalle nebbie d’inverno e dai covoni di fieno d’estate.
Ma che film la vita, tutta una tirata
Storia infinita a ritmo serrato
Da stare senza fiato
Ma che film la vita, tutta una sorpresa
Attore, spettatore, tra gioia e dolore
Tra il buio ed il colore
Ma tu sai che è a una tua canzone che devo l’amore della mia vita? Anche per questo volevo una scusa per tornare a scrivere ancora di te, dei nostri concerti, di quando facevate le stagioni a Riccione o Levico Terme, del 1992 che ha portato via il tuo sguardo e il nostro “Principe Desiderio” Dante, del tuo saper essere figlio del proprio tempo e, contemporaneamente, eterno, per sempre vivo tra chi ti ha vissuto e tra chi ti ha ricevuto come una preziosa eredità.
Un po’ di me
Dopo questa notte, sai
Che vive in te
Un po’ di me
Pur se lo volessi tu adesso c’è
E lo sai anche tu, se lo sai
Quella allo Spazio Musa di Torino è una esposizione preziosa fatta di visioni oniriche, cavalli, lune, alberi, di quella parte più intima e personale che per anni era stata riservata solo agli amici.
I tanti amici che venivano a trovare Augusto e la Rosi a Novellara, che ricevevano cartoline con i tuoi disegni, biro e pennarelli e poi colori, tempere e pennellate sulla tela…i tuoi quadri con il peso di mille discorsi. E dire che a te certo “il fiore della parola” non mancava, ricordo anche quattro ore sotto il palco senza fare pipì, tanto eravamo rapiti.
Lo guardai nel fondo dei suoi occhi
Lo fissai, insistendo sempre più
Per vedere se c’era colpa o paura
Perché, per quale ragione
Guardai, scrutai, niente poi notai
Solo rughe sul suo viso, dal tempo seminate
Non aveva artigli, tremavan le sue mani
Come quelle di mio padre
Augusto a me ragazzino sembrava vecchissimo, è morto in realtà ad appena 45 anni, ucciso da quelle sigarette a cui sapeva rinunciare solo quando nel bosco si sentiva vinto dalla potenza della natura. Ne aveva 16 quando con Beppe, Franco, Gianni e Bila inizia la lunga storia dei Nomadi (gli ultimi due entrano in realtà dopo qualche mese, in sostituzione della sezione ritmica e dei fiati originari) che la mostra documenta in maniera ampia con immagini, biglietti e copertine di tre interi decenni.
Qualcosa come una ventina di album in studio, un’infinità di 45 giri e poi le raccolte, i live, gli inediti che ogni tanto spuntano fuori dai cassetti, c’è chi dice sia in realtà una cassapanca, di Beppe Carletti. Non ci crederai Ago, ma in questi anni si è fatto forza e ora ci ha persino preso gusto a parlare.
Hey Beppe, la faccia da fratello maggiore
Hey Beppe, un modo concreto di fare
hai dato un senso alla mia follia
hai smussato la mia forte miopia
Per uno strano paradosso dell’arte sei diventato immortale, addirittura andando oltre le appartenenze (4.688 preferenze a giugno del 1983 non bastarono per diventare deputato, indipendente nelle liste del PCI) e trovando estimatori persino tra quelli che avevi sempre contestato. Beppe però non ha permesso si perdesse mai la strada e soprattutto in questo tempo buio è lì a ricordare chi sono e cosa rappresentano i Nomadi.
Rosso di sera, bel tempo si spera
Rosso il fuoco, rosso sempre il mio gioco
Ma è nero, è nero il buio
Quando cala il sole
Avvolge la tua libertà
Te l’avvolge di nero
L’esposizione è emozionante per chi ti ha conosciuto e per chi ti ha ricevuto come un’eredità, suddivisa per temi, tra il piano terra e le cantine di un palazzo settecentesco. Tra vecchie mura che trasudano storie, forse le avresti intercettate, ce le avresti regalate, oppure ti saresti fermato al bar (davvero bello) del locale per brindare e dirci di non esagerare con i complimenti.
“È soltanto un gioco ma è stato bellissimo”
E lontano, occhi al buio che guardano giù
Appoggiarsi ad un muro per star sù
Ed abbracciare la notte
E lontano, cuore gonfio di curiosità
Affacciati su quel che sarà
E vedere partire l’ultimo tram
Augusto Daolio: uno sguardo libero. Spazio Musa Torino, Via della Consolata 11/E, fino al 12 maggio 2024, dal martedì al venerdì dalle 14.30 alle 19.30, sabato e domenica dalle 16.00 alle 19.30. Si entra con un’offerta a favore della ricerca scientifica contro i tumori.
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