The Comet is Coming – TOdays Festival Day 3
Amicizie che si consolidano, persone che fino a un attimo prima erano solo conoscenze virtuali sui social che si materializzano in 3D davanti ai tuoi occhi, la felicità di incontrare nuovamente quelle conosciute durante le edizioni precedenti. L’importanza di questi aspetti, dopo un anno di sosta forzata dovuta a questa cazzo di pandemia, supera in classifica quella strettamente legata alle proposte musicali.
Che in ogni caso sono state anche per questa edizione molto interessanti e diversificate.
Immagino quali siano state le difficoltà per organizzare una kermesse di questa portata, amplificate oltremodo dalle improvvise defezioni legate al Covid che si sono palesate poco tempo prima che si alzasse il sipario.
La forza della scelta originale dei nomi che componevano il cartellone puntava molto sulle nuove proposte offerte dal panorama inglese ma le defezioni di Arlo Parks prima, seguite da quelle dei Black Country New Road (che fortunatamente avremo modo di vedere in autunno) e Working Men’s Club, hanno purtroppo ridimensionato l’idea iniziale. Complimenti in ogni caso agli organizzatori per la prontezza di reazione e la velocità nel cercare degni sostituti.
The Comet is Coming, insieme ai Dry Cleaning e agli Shame, hanno tenuto alto il vessillo inglese ed è spettato a loro l’onore di chiudere la terza serata del Festival, aperta dagli svedesi Shout Out Louds ai quali ha fatto seguito l’esibizione di IOSONOUNCANE.
Avevo perso la precedente esibizione torinese del terzetto inglese avvenuta al Club to Club nel 2019 e le mie aspettative, davvero molto alte, sono state ampiamente ripagate da quanto ho visto e sentito.
The Comet is Coming è uno dei tremila progetti che il sassofonista Shabaka Hutchings, faro ed eminenza grigia che dal panorama del nuovo jazz londinese ormai proietta la sua luce su quello mondiale, riesce con facilità a tenere insieme. Descrivere in breve la musica di The Comet is Coming è relativamente semplice: una miscela esplosiva fatta di Jazz, afro-beat, elettronica e psichedelia, con Sun Ra nell’anima, il funk nel cuore e la club culture nelle gambe. I loro dischi, insieme a quelli dei Sons Of Kemet e della produzione solista del sassofonista sono gli attuali fiori all’occhiello della gloriosa etichetta Impulse!, inutile dire che è un aspetto tutt’altro che secondario.
Danalogue (Dan Leavers, tastiere e altre diavolerie elettroniche), Betamax (Max Hallett, batteria) King Shabaka (Shabaka Hutchings, sax) salgono sul palco intorno alle 23 e la loro potenza sonica e scenica ha sortito un immediato e devastante impatto sul pubblico.
In una set-list che non ha fatto prigionieri ho trovato azzeccatissima l’idea di proporre quasi immediatamente Summon The Fire, il loro brano più conosciuto, perché da quel momento in poi la sintonia col pubblico è stata perfetta e il concerto è scivolato via in modo esaltante.
I tre hanno una presenza scenica davvero bella da vedere, sulla sinistra del palco Danalogue appare con la testa coperta dal cappuccio di uno spolverino e sembra uscito da Blade Runner, Betamax picchia forte dietro alla sua batteria, e poi è impossibile staccare lo sguardo dai muscoli e dalle movenze di King Shabaka, imponente sciamano e Re incontrastato che col suo sax domina la parte destra del palco.
Per più di un’ora siamo avvolti in un suono maestoso e intenso, spinto a volumi altissimi ma puliti coadiuvato dalla qualità veramente alta dell’amplificazione (che a un certo punto salta per pochi minuti, ma il trio prosegue grazie alle spie) e dal bellissimo gioco delle luci (altri applausi).
Facile perdersi in mezzo a oasi fantascientifiche (Birth of Creation) e astrazioni psichedeliche che sfociano in spaziali bordate groovy (Blood of the Past, privata per forza di cose della declamazione di Key Tempest), ma presto ci si ritrova tutti insieme a ballare sui beat delle accelerazioni al limite della techno quando arriva la debordante – impossibile stare fermi – Super Zodiac, brano dove Danalogue ruba la scena agli altri per poi farsela sottrarre da Betamax che con un assolo di batteria alla vecchia maniera esalta un po’ tutti.
Una oggetto luminosissimo ha solcato il cielo di Torino, sembrava un bolide, era una cometa. Se ne vede ancora la scia.