Love Is A Losing Game, I’ll Be Missing You Amy J. Winehouse
Il 27/10/2021 saranno oramai quindici anni che “Back To Black” di Amy Winehouse faceva la sua comparsa sugli scaffali dei negozi di dischi, da subito si era capito che il secondo lavoro della soul girl londinese dalla cofana corvina che sfida la gravità sarebbe stato un masterpiece trasversale e transgenerazionale al pari “A Love Supreme” di John Coltrane piuttosto che “Amazing Grace” di Aretha Franklin oppure “What’s Going On” di Marvin Gaye ed altri monoliti inamovibili dal loro status di divina grandiosità.
Ma oggi ripenso esattamente a dieci anni fa, e, più precisamente la domenica del 23/7/2011 quando la carriera della oramai oggi da qualche anno signora Traviss/Winehouse e mamma dei gemelli dizigoti Betty e Marvin subì un cambio repentino e quanto mai più deciso ed inaspettato.
Dopo “Black To Black” Amy era nell’Olimpo del Jet Set, riviste, blog, case di moda, registi, fotografi e network se la contendevano aspramente a suon di sterline per il prestigio che l’artista poteva portare al proprio curriculum e portafoglio, ovviamente Amy gioiva per l’attenzione ed il giusto riconoscimento però i tour massacranti, gli innumerevoli impegni e la causa di divorzio dal “maritino” Blake Fielder-Civil cominciavano a intaccare la psiche ed il fisico di Amy al punto da abusare di sostanze stupefacenti, alcoolici più disparati rendendola instabile e la copia sbiadita e consumata dell’artista splendente che era diventata.
Il mese di marzo del 2009 Reg Traviss come l’Arcangelo Gabriele si manifesta nella vita di Amy J. come Castiel aveva fatto in “Supernatural” con i fratelli Winchester.
Il buon e bel Reg innamorato sinceramente e con trasporto prima della donna che dell’artista risolleva talento, stima ed umori dell’eroina delle classifiche mondiali; innanzitutto Reg porta Amy lontano dai luoghi del vizio e della perdizione, insieme a lei decide e condividono insieme le scelte della carriera di lei anteponendo la sua carriera cinematografica per poter far splendere di luce propria la sua amata e ridarle la perduta ma meritata serenità.
Amy e Reg partono alla volta dei Caraibi, prendono casa a Kingston, buttano via orologi, smoking e paillettes e si dedicano a vivere la loro vita ogni secondo come va vissuta, Reg al mattino si reca al mercato, fa la spesa e si occupa di restaurare un piccolo villino situato in una bucolica location, intanto Amy con calma ed antica devozione si dedica alla scrittura del successore di “Back To Black”, quel che ne viene fuori è totalmente diverso dalle sue precedenti opere, il clima, la vita ed il microcosmo creatosi porta alla stesura di brani che superano di gran lunga i canonici 3 minuti radiofonici.
Nelle nuove composizioni ci sono soul, reggae, blues, ska, rocksteady, calypso e strani ed ispirati brani a cappella con un piccolo coro locale di bambini della scuola elementare.
Amy rimane anche incinta e trapela qualche foto nel nuovo continente, solamente che dei due le uniche notizie sono poche, confuse e solamente la casa discografica ha un contatto più diretto per via dell’album che deve uscire ma tarda sempre più, sono oramai passati cinque anni da “Black To Black” e si sa, nell’industria discografica è una tempistica biblica che consente al pubblico di dimenticare i loro beniamini o più semplicemente ai discografici non riesce a far quadrare i loro grafici rotondi detti torta.
Finalmente ed a sorpresa i coniugi Traviss/Winehouse con due bellissimi pargoletti al seguito tornano in terra d’Albione abbronzatissimi, rilassati e più innamorati e sereni che mai; il disco è pronto ed il suo nome è “Resurrection, Peace And My White Souls: R, B, M“.
Album quadruplo con ventidue brani. Lavoro colmo di musica, canzoni, poesie e moderne preghiere, al suo interno un romanzo breve di Reg e tutto l‘artwork curato dai gemellini che oramai hanno quasi tre anni e disegnano con ogni colore, pastello, pennarello e pennello su ogni superficie a loro tiro.
Il disco debutta subito al primo posto in 50 paesi ed al primo posto di Billboard per poi precipitare vorticosamente nelle posizioni più basse.
Alle interviste riguardo il flop del suo ritorno Amy risponde con sorrisi e barzellette, non le importa più nulla delle tribolazioni per accaparrarsi pubblico e critica, lei ama quel lavoro fatto con la sua famiglia, soprattutto l’amore e la serenità che hanno portato a cotanto materiale.
Le presenze sui mass media calano vorticosamente, i concerti sono sempre meno numerosi e colmi di pubblico, contrariamente invece le performance sono sempre più cariche di pathos, la famigliola canta anche insieme sul palco, tre ore di esibizioni sono oramai il minimo come una specie di seduta introspettiva ed intanto solo più gli affezionati continuano a seguire Amy,
Io compreso continuo a seguire le sue gesta, i suoi lunghissimi live ed oramai i suoi innumerevoli album che produce da sola nel villino caraibico da dove attraverso un blog lei, Reg ed oramai i quasi adolescenti gemellini producono frutta, vino, musica, libri, film, disegni e qualsiasi cosa venga in mente alle loro prolifiche menti.
Ecco è questa la vita che immaginavo per Amy Winehouse dopo la sua Rehab musicale, mentale e psicofisica. Purtroppo la vita ha scelto diversamente per l’angelo soul dalla pelle troppo sottile per questo pianeta, abbiamo foto, i suoi bellissimi album a farci gioire ma anche commuovere per quello che ci poteva ancora donare la talentuosa Amy, purtroppo le sliding doors si sono aperte diversamente e tragicamente, però come Tarantino per Sharon Tate nel suo ultimo lungometraggio volevo salvare la vita di Amy J. e darle un’altra possibilità, ci ho provato signorina Winehouse davvero ci ho provato, dieci anni non sono bastati a lenire il dolore per la tua dipartita, ti voglio sempre molto bene e grazie per la tua immensa ed intensa arte con affetto e devozione il tuo affezionato Daniele Rosa Cardinal aka Banana.
In loving memory of Amy Jade Winehouse (Londra, 14 settembre 1983 – Londra, 23 luglio 2011).