GANG. Storie d’Italia, di viaggi e di rock’n’roll
Marino Severini intervistato da Luca Battaglia, Andrea Pavan e Massimo Perolini con un’incursione di Sandro Clash.
Roddino, Langa, la notte dopo il concerto della Gang. Un gruppo di facinorosi si spaccia per inviati del magazine We Love Radio Rock. Marino Severini (voce, chitarra, poesie, comizi e cazziatoni da quarant’anni su e giù per l’Italia) sgama immediatamente l’armata di anime da bar e ci accompagna verso l’alba del 26 luglio 2020.
Partire per partire la prendiamo bassa e ci offriamo per la produzione di un un disco di rivisitazioni del Beat italiano da condividere con Paolo Bonfanti. La parte del manager spetterebbe a Massimo Perolini (d’ora in avanti MP) che, come un fanciullo di fronte al pallone, cede ai “giovenil furori” (Ludovico Ariosto was an italian poet, author of the Orlando Furioso) e immediatamente palesa tutta la propria passione e la nostra scarsissima propensione al business.
MP “Ne dovete fare una che ho scoperto da piccolo ed è stata la mia prima jingle-jangle rock, erano i Renegades”.
Il brano in questione dovrebbe essere “Un giorno tu mi cercherai” ma nessuno potrà mai confermare o smentire perché immediatamente Marino risponde con la commozione di chi ha goduto di un’infanzia felice sotto il grande schermo dei “musicarelli”. D’altra parte lo scriveva già Steve Della Casa qualche anno fa “per i ragazzi degli anni Sessanta erano l’unico modo per vedere che faccia avevano i loro idoli, i gruppi beat, gli interpreti dello yè-yè. La televisione non è che li mostrasse molto”.
MARINO “C’era proprio tutta la serie dei film, tipo cinema dai preti, questo è un mito. Son stati i miti dell’infanzia, siamo fratelli, siamo fratelli…i Renegades”.
LB (cioè Luca Battaglia) “Conoscendoti sarei partito dai Rokes”.
MARINO “Poi dopo l’Equipe 84 non la metti”.
LB “Con Bonfa avevamo pensato alle Orme, quelle dell’inizio, quelle di Fiori e Colori e poi tipo Visioni dei New Trolls”.
MARINO “E lì andiamo sul rock duro”.
Arriva il carico di birra e l’ispirazione per le domande che, come sempre, nessuno ha preparato. Cominciamo quindi dal concerto terminato poco prima, i sermoni di Zio Marino sono stati decisamente meno, più brevi e coincisi del solito.
MP “Come mai stasera sei stato così zitto?”.
MARINO “Appesantire un clima che è pesante già di suo non va bene. Abbiamo scelto de sta a cantà tranquilli (in marchigiano rende meglio, il corsivo d’ora in avanti andrà a sottolineare le espressioni che si è scelto di mantenere nell’aulica lingua filottranese) e allora fai un repertorio che, anche se inconsciamente, rassicuri sul fatto che supereremo pure questa. Insomma di giungle ne abbiamo attraversate tante”.
Una festa per ripartire dopo le disavventure di questi mesi ci voleva ma “è vero noi veniamo da altro, dai fratelli Cervi, dalla classe operaia. A noi ci tocca questo perché infierire? Dopo quando andiamo in due nei cenacoli lì menamo perché è il caso de menà ma in situazioni talmente belle, rilassate, ti rivedi dopo mesi, godiamoci la serata, il fresco, la canzone e buonanotte”.
E’ il primo vero concerto dopo il lockdown e tocca ad Andrea Pavan (AP) spalancare il sipario sulle difficoltà di questi mesi. “Marino ma quando è che vi siete realmente resi conto che di punto in bianco non potevate più andare in giro a suonare? Immagino il momento in cui vi siete guardati in faccia e vi siete detti ragazzi non si può più fare questa roba qui, lo immagino come un momento terribile”.
MARINO “Per noi il live è la vita perché vai a incontrare gli amici. Quando è scoppiato tutto noi eravamo vicino a La Spezia in studio. Avevamo suonato a metà febbraio in Lombardia e ci dicevano che già da dicembre c’erano state queste polmoniti che non passavano mai. Tu ti dici ma tanto che cazzo vuoi che succeda, poi però nel momento in cui eravamo lì si è vista questa serie di milanesi con la casa alle Cinque Terre che se ne sono andati da Milano. Dall’altra parte Jono (Manson musicista statunitense e produttore esecutivo di Ritorno al Fuoco l’album dei Gang di prossima uscita N.d.R.) a cui la moglie cominciava a telefonare tutti i giorni perché in in New Mexico c’erano un sacco di casi dicendo guarda che qua dopo non ti fanno rientrare. Insomma c’è stata sta paranoia che è aumentata già lì però che potesse diventare quello che è stato lo capivamo giorno per giorno quando vedevamo che le date venivano via via annullate. La nostra fortuna è stata che che stavamo cominciando il crowdfunding quindi il contatto attraverso la rete è diventato indispensabile, quotidiano perché se te non c’avevi quello non andavi avanti. E’ piacevole una settimana, dieci giorni, poi dici: ma io che faccio? E’ stata un’esperienza bella tosta dove mi son detto: non se sona però io tutti i giorni ho il contatto, il connesso, ce sto, i video, la cosa, badabum badabam”.
AP “A livello creativo l’hai sentita come una zavorra, un handicap o invece l’hai vissuto come una opportunità?”.
MARINO “Lì si capisce subito, come diceva Paul Simon, che te vai incontro a dei tempi (non ai luoghi), a dei tempi inesplorati. Come decidere de annà? A naso come succede sempre nella vita, però con una dimensione nuova che ancora adesso stiamo esplorando. Non è che adesso ci sia la consapevolezza, c’è un’altra fase. Tutto diventa alla giornata veramente. Per noi forse una condizione di vita sempre, stavolta però non è solo la tua: è comune”.
LB “I progetti dal vivo, penso ad esempio a Oh Belli Ciao con Cisco e Zamboni, che fine fanno?”.
MARINO “Eh, s’aspetta n’altranno pe’ ripartì. Non è che non lo sappiamo noi se lo famo o non lo famo, gli organizzatori stessi non lo sanno. Adesso hai un problema oggettivo, una settimana ti chiamano e ti dicono sì lo facciamo e una settimana dopo ti dicono no perché mi trovo di fronte a sti problemi qua. Marco Andriano (Sindaco di Roddino e, insieme alla Pro Loco, organizzatore storico di Mataria ‘d Langa il festival prossimo al trentennale nel cui programma cade anche il raduno del popolo Gang N.d.R.) è coraggioso ma altri ci rinunciano, non si pigliano la responsabilità di portare 2 o 300 persone in posti dove ce n’erano 1000, 1500”.
E’ il momento dell’irruzione di Sandro Clash che già lo scorso settembre, proprio su queste pagine, ha dedicato alla Gang un bellissimo tributo. “Immagino nascano problemi anche con il cachet”.
MARINO “Non solo, le date che hai programmato con il gruppo al completo ti dicono Marino vieni in due, vieni in tre. Non posso fare il gruppo per cento persone, non ha senso. Non solo perché economicamente sarebbe un danno ma perché oggettivamente non c’è una dimensione che puoi gestire. Lo ripeto è tutto nuovo, è tutto da vedere e da esplorare”.
LB “Riesci a vedere come cambieranno le cose nel prossimo futuro?”.
MARINO “Diciamo che tutto questo ti spinge, come in realtà ci ha sempre spinto nella vita, a trovare altre soluzioni di sopravvivenza. Durante questo periodo ci siamo impegnati a fare il disco e già eravamo in in condizioni nuove tutte diverse. In America c’era da organizzare da una parte lo studio di New York e da una parte Los Angeles, uno dei musicisti pakistani si è ammalato, siamo andati incontro a difficoltà ma la nostra urgenza era quella fare il disco. Ora che a fine agosto sarà finito dovremo pensare seriamente a riorganizzarci, purtroppo sappiamo benissimo che il grosso non si farà dal vivo ma si farà in rete o attraverso altri progetti che non son legati alle cento e passa date che tutti gli anni avevamo in giro per l’Italia”.
LB “Si va verso la riscoperta di una maggiore intimità con il pubblico?”.
MARINO “Quella in realtà noi ce l’abbiamo avuta sempre, un po’ di cose in due le abbiamo fatte, oppure in tre o in quattro. Mi vien da dire che da questo punto di vista partiamo avvantaggiati perché costi poco e se hai la situazione dove ci sono poche persone ci puoi andare. Altri magari non ci vanno perché non sono equipaggiati ancora. Pe’ campà ci si spingerà a far delle nuove cose. Noi abbiamo comunque visto che sulla rete te ce l’hai un interlocutore, non è vero che non ce l’hai. La risposta l’abbiamo vista nel crowdfunding (quasi 73mila euro e più di 1.600 co-produttori rappresentano un vero e proprio record per il nostro paese N.d.R.) ma anche nelle tante reazioni ai video pubblicati sui social. Sono aspetti ai quali tocca pensare perché altrimenti cambi e fai un altro lavoro nella vita ma a 64 anni non me pijano a scaricà le casse“.
AP “Alla fine secondo te questa cosa ci migliora o ci peggiora?”.
MARINO “Noi non miglioriamo da decenni, peggioriamo sempre antropologicamente”.
AP “Ma c’è la possibilità di scoprire qualcosa di nuovo? Di ritrovare valori perduti?”
MARINO “E’ sempre un seme che c’era prima, una semina che è stata fatta prima. Chi nell’idiozia già ci stava peggiorerà perché c’è la sindrome del sopravvissuto che lo farà più forte e lo farà più figlio di puttana. Quelli che su certe cose erano già belli coscienti e volevano dei cambiamenti, miglioreranno di più perché capiscono il pericolo. Chi ha certe culture, che in un momento come questo non sono egemoni, ci lavorerà ancora di più, cercando di metterle in pratica prima su di sé e poi sulla comunità. A dominare però oggi sono gli altri tu ti ritrovi sempre dalla parte di quello che fa fatica”.
LB “Ed eccoci al Gramsci del primo dei Quaderni del Carcere: Ogni collasso porta con sé disordine intellettuale e morale. Bisogna creare gente sobria, paziente, che non disperi dinanzi ai peggiori orrori e non si esalti a ogni sciocchezza. Pessimismo dell’intelligenza, ottimismo della volontà”.
MARINO “Adesso ti dico la verità, in questi mesi qua tra le tante cose me so rimesso a studià Gramsci come si deve. Tra l’altro sono ripartito dal nuovo libro di quel grande studioso che avete proprio lì a Torino, Angelo d’Orsi. Un’opera che intanto non l’ha scritta uno come Fusaro (Se Marx e Gramsci finiscono nelle mani di Fusaro noi siamo diventati degli idioti perfetti) e poi finalmente unisce il privato col politico. Vedi l’esistenza di Gramsci, l’essere umano sul quale il fascismo si è accanito più di tutti, che va in parallelo alla sua crescita enorme da intellettuale, da politico, da marxista. E’ una cosa sconfinata, noi altri abbiamo un patrimonio che è enorme che ci aiuta tanto ad affrontare anche dimensioni come queste. Pensate alla visione di Gramsci della Costituente, quando cerca una soluzione politica, quello che io chiamo provocando il Fronte di Unità Popolare. Eccola qua l’unica reale soluzione che puoi tirar fuori da questo buio”.
LB “A guardare la Sinistra oggi viene invece quasi da piangere, la frammentazione politica sembra irreversibile e ogni tentativo di aggregazione si scontra con resistenze e ostruzionismi”.
MARINO “Che vuoi, i vecchi fanno giustamente i vecchi. Dovremmo avere la forza di metterci da parte e nella migliore delle ipotesi offrire spalla e argine. Devi però lasciare che le acque trovino il corso, farli nuotare, non puoi mettere una diga a ogni passo. Davvero non possiamo continuare con questa cosa”.
LB “A proposito di grandi vecchi, torniamo alla musica: le ultime settimane hanno visto il ritorno in grande spolvero dei Rolling Stones e di Bob Dylan, Li hai ascoltati?”
MARINO “Bob Dylan è Omero, quello che lui voleva fare da piccolo lo fa da grande perché non ha più niente da perdere e può permettersi di di fare la narrazione. Io dico sempre c’è Omero, c’è Shakespeare e poi c’è Dylan. Il Novecento è Dylan non è che c’è qualcun altro che può competere con lui, è un narratore non è solo uno che ha fatto delle canzoni. Son gli ultimi momenti questi, forse i più epici perché nell’ultimo disco non ha davvero più niente da nascondere. Lo fa sconfinando, arrivando a 19 minuti addirittura e se già prima arrivava a 12 che gli dici: non c’è un qualche cosa che lo può intrappolare, codificare, è l’anima che vola più alta.
I Rolling Stones sono dei dinosauri, non sono più umani da tanto tempo, è una cosa anche quella che supera de tutto e de più. Non so però se con quel rock ‘n roll lì noi abbiamo più la capacità di entrar dentro l’emozione, appartiene a un mondo a una cultura con la quale antropologicamente non siamo più tanto capaci di dialogare”.
AP “Ma tu in questo periodo qua hai sentito la necessità più di sentire cose nuove o ti sei rifugiato in quello che sentivi più tuo?”.
MARINO “No io non ce l’ho sta cosa. Io sento delle cose nuove e sento delle cose sempre ma che son sempre più nuove perché più sono arcaiche più vanno a fondo. I talenti vengono fuori perché le circostanze li creano, in circostanze come queste difficilmente secondo me hanno delle possibilità. Nel cinema uguale, nella letteratura uguale. Laddove invece questo esiste crei delle gran bellezze, dei momenti di grande letteratura, di grande cinema, di grande musica. Purtroppo noi in Occidente non penso che stiamo in un momento di questo genere. Il discorso guarda è molto semplice e tante volte va affrontato con il cerchio largo altrimenti non capiamo poi i cerchi piccoli che il sasso fa. La vera dittatura, quella che chiamiamo fascismo, oggi è il presente. Tu non hai più gli strumenti culturali per uscire dalla gabbia del presente, non sai mettere in relazione il passato con il presente e quindi non hai futuro. La dimensione del futuro è scomparsa . Il rock ‘n roll è quello che c’è di più arcaico e allo stesso tempo più visionario rispetto all’avanti, quindi una cultura che ha saputo mettere insieme…”.
LB “Ci si potrebbero trovare echi del pensiero di Giovanni Lindo Ferretti in questo discorso”.
MARINO “Ma per la carità. Ferretti è l’esatto opposto di tutto questo. Lui è un conservatore, non è arcaico. Lui, a differenza di noi che siamo dei fregnoni ideologizzati, ha saputo giocare anche con queste mezze seghe della comunicazione di massa. Ci ha costruito sopra un personaggio, lo ha saputo vendere e questo gli fa merito ma per il resto io non ne parlo, non c’è niente da dire”.
LB “Non possiamo terminare questa intervista (ammesso si tratti davvero di un’intervista) senza chiederti del rapporto, oramai piuttosto consolidato, tra i Gang e Roddino”.
MARINO “Roddino è casa. Roddino è una delle nostre comunità che da 30 anni e passa ci dà ospitalità e qua sono cresciuti come te posso dì i parenti, le grandi amicizie, la bellezza. Quando io dico la bellezza penso agli incontri che abbiamo il privilegio, qua come in tanti altri posti, di avere e portare avanti nel tempo. In luoghi come questo la tradizione ha finito con il radicarsi ancor di più probabilmente anche perché è un piccolo centro. L’immagine che cerco di dare è quella di un bambino che ha sempre sognato di diventar Takimiri”.
Il Leggendario Circo Takimiri è un’istituzione marchigiana. A fondarlo Antonio Taddei, un figlio di italiani d’Argentina diventato celebre prima della guerra per i numeri da Tarzan (Takimiri in giapponese vuol dire uomo della fune). Ferito gravemente in guerra, torna a casa e decide di trasformarsi in un clown. Spettacoli sotto il tendone del Circo (la famiglia ne fonderà uno, tuttora esistente, nel 1958) ma anche tra la gente dei quartieri o nei centri di recupero. Sulla sua avventura umana e artistica una decina di anni fa Romana Galanti ha pubblicato il libro “La straordinaria storia del clown Takimiri” che è anche memoria di “piccole cittadine i cui abitanti, per quanto poveri o affaccendati, trovavano sempre tempo e spiccioli per entrare nel tendone del Circo e per farsi trascinare lontano dai problemi”.
“I Gang per me son sempre stati il circo che passa una volta l’anno in provincia. – riprende Marino – Perché poi noi siamo più radicati in provincia che non nelle città, questo è un dato di fatto. I posti nostri sono Colere, Roddino, Cassano d’Adda, Cornaredo, Nembro… Paesi dove passi come il circo una volta o due l’anno e la comunità si ritrova attorno alle canzoni. Se mi levi questo che faccio? A casa mia ci sto da quarant’anni ma non è che abito lì o meglio ci abito per tutta una serie di cose ma queste persone che incontriamo in giro, in concerti da 500/1000 persone, oramai sono i parenti. Sai dopo tutti questi anni sono una famiglia, ho visto i figli crescere, me li ricordo nei passeggini e certi oramai si sono sposati. Persone come il padre di Fefo che ci ha salutato poco fa. Sai quante cene ho fatto con suo padre: un comunista, ferroviere, ha più di 80 anni e sta a Pontremoli non sta a Firenze. A Firenze io non ce l’ho uno come il padre di Fefo. In 40 anni che andiamo in giro (ci manca un po’ il Sud dove purtroppo non andiamo più tanto) persone così si sono fatte carico anche della nostra esistenza. Ci fanno fare i dischi, ci fanno fare i concerti, ci danno sostentamento anche economico”.
AP “Qualcosa che va oltre la dimensione del Fan Club”
MARINO “Il Fan Club io non l’ho mai voluto anche se in tanti ci hanno provato. Non l’ho mai voluto perché è una parolaccia, qualcosa che non fa parte della nostra cultura. Da questa corresponsione umana noi abbiamo sempre trovato ispirazione, passione, insegnamento. Confrontandoti vedi quello che è il tuo popolo, quello che ti dà ispirazione e dal quale tiri fuori anche quanto ti serve per le canzoni”.
AP “In effetti a Roddino capita proprio questo. Vedi i Parodi da Genova (Ciao Edo è un brano che i Gang hanno regalato qualche anno fa a Mariapia, Sandro e Andrea genitori e fratello di Edo Parodi, morto nel 2002 a 22 anni con il cuore spezzato dopo aver respirato il fumo dei lacrimogeni sparati dalla polizia svizzera contro i manifestanti No Global. N.d.R.) che tutti gli anni cascasse il mondo vengono o anche noi da Torino che alla fine non è proprio dietro l’angolo”
MARINO “Se tu vieni a Colere dall’86 è la stessa cosa. Un posto che devi sputà sangue per arrivarci ma arrivano da Bergamo, Brescia, anche da Milano perché è un appuntamento. E allora non è che dici Colere, il paese diventa l’epicentro di tutta una zona”.
LB “Ma s’io avessi previsto tutto questo, dati causa, pretesto e attuali conclusioni?”.
MARINO “Io non ci avrei mai scommesso. Non ci avrei mai scommesso che quella storia lì, cominciata con l’eredità de zia data a mamma di 250mila lire, poteva finre 40 anni dopo qua. Anzi nel cuore mio ho anche sempre sperato che non succedesse, tanto io mi laureavo, poi dopo facevi quello facevi. Non immaginavo di imbarcarmi su questa avventura, però questa vita ha cominciato a tirarmi dentro sempre di più, sempre di più…”.
AP “Dentro di te, al di là che non si può prevedere il domani, pensi che finché camperai farai questa vita qui o arriverà un momento in cui dire basta?”.
MARINO “Ma come faccio non ho mica delle risorse economiche”.
AP “Magari di dedicarti ad altre cose? Stare tutti i giorni a caricare e scaricare il furgone, farsi coinvolgere in qualsiasi discussione, potresti stancartene?”.
MARINO “Se la discussione non c’è mi manca, anche caricà e scaricà fa parte del sentirti vivo. Il discorso è proprio l’appartenenza, io la sento l’appartenenza. Io ho bisogno di questi mesi qua, quelli in cui si va in giro a suonare, dove si sente, si rivela ancora di più. Ho bisogno della vicinanza non della distanza perché l’appartenenza va sempre e comunque riconfermata. Ho bisogno del concerto, delle chiacchiere. Come si faceva tante volte anche negli anni ’80, le cinque sei di mattina da Cosenza a Cornaredo a romperti i coglioni con tutti quelli come te ma è quello che piano piano, giorno per giorno ti ha dato l’appartenenza. Una cosa che alla fine degli anni ’70 noi non avevamo più. A me tutto questo riporta sempre alla dimensione dell’infanzia, perché quando ti dice il poeta che l’infanzia è la patria dell’uomo (“dov’ero? Le campane mi dissero dov’ero”, scriveva Pascoli nella poesia Patria N.d.R.) è vero. Questa è la mia infanzia, questa mi ha dato l’appartenenza che io non ho trovato più quando la comunità si è sfaldata. Quella comunità che io ho conosciuto prima dell’adolescenza: la frazione (la famiglia Severini è originaria dell’Imbrecciata di Filottrano N.d.R.), la comunità, la relazione con le persone che io ritrovo a 64 anni in giro per questo paese. Mutata, diversa ma è quella lì. la prova la vedi anche con la rete e il crowdfunding. Nonostante le tecnologie, la comunicazione, i linguaggi siano cambiati si ricrea sempre quella cosa lì”.
AP “Questa tua comunicatività, diciamo pure carisma, è molto apprezzato anche dai ragazzi più giovani. Parlavo prima con Jacopo Ciani (violinista e polistrumentista da cinque anni nella band. N.d.R.) e mi diceva che il concerto è solo l’ultimo dei momenti, viaggiare in furgone con te e Sandro (fratello di Marino, chitarrista e co-fondatore dei Gang N.d.R.) e ascoltare i vostri racconti è una crescita continua. Questa cosa la vivi come una gratificazione o anche come una responsabilità?”.MARINO “Tanti cercano di arruffianarsi i più giovani, io invece sono dell’idea che devi continuare sempre a confrontarti. Io so’ fijo dal punto di vista anagrafico di Cesare e Ornella però, come dice Tronti (Mario Tronti, filosofo e teorico dell’operaismo N.d.R.), io sono anche figlio della storia. Una storia che bene o male a me ha fatto crescere, per cui se siete meglio ve dovete confrontà. Voi potete pure far meglio ma sempre confrontandovi. Che si parli di musica o si parli di politica bisogna che ne parliate con una dimensione che era la nostra: noi dovevamo dirigere tutto. Noi da zero, da morti de fame, attraverso le dinamiche dei metalmeccanici, della classe operaia ma anche del mondo contadino, noi eravamo quelli che dovevano dirigere tutto. Oggi questo non lo trovi, purtroppo tendono ad affrontare spesso non con la leggerezza che magari sarebbe saggezza ma con un modo che non va dentro le cose. Le subiscono ma non le dirigono e questo vale anche per la creatività, devi impossessarti degli strumenti per creare”.
Anche da Roddino il messaggio finale rimane lo stesso, la lotta continua. “Che il grande dio del rock ‘n roll sia sempre con voi”.
Video di Bandito Senza Tempo 1991 (girato tra le carrozze e i tendoni di un piccolo circo)
Paz live in Roddino 25 luglio 2020