Muzz – Muzz (Matador 2020)
Questo disco cresce.
È musica che possiede qualche intruglio magico in grado di ammaliare l’ascoltatore un po’ di più ad ogni giro del lettore o del giradischi, di incatenarlo come in una sorta di incantesimo lasciandolo preda di un desiderio di tornarci sopra ancora ed ancora ed ancora.
È uscito in una stagione dell’anno forse non perfettamente collimante con il suo mood sonoro, un tessuto fitto di trame nostalgiche e orditi sognanti dai colori tiepidi e avvolgenti dell’autunno, ma poi in fondo all’autunno ci si arriva prima o poi, virus permettendo.
Il nome più in vista di questo trio è quello di Paul Banks, leader e voce di quegli Interpol che, brillantissimi agli esordi, sono rimasti incastrati in una formula che tende a ripetersi troppo uguale a se stessa.
A Paul si affiancano il batterista dei Fleet Foxes e dei Walkmen Matt Barrick e il multistrumentista Josh Kaufman con pregressi in vari progetti in quel di Brooklyn e dintorni (i folksters Bonny Light Horseman il principale) cui è affidata anche la produzione. E parte della magia di questo debutto è proprio nell’amalgama ribollente di arrangiamenti e suoni che veste con calda eleganza canzoni molto evocative, capaci di farti accomodare in un territorio esattamente a cavallo tra la malinconia e l’attesa.
Siamo lontanissimi dagli spigoli Interpol, sono organi, fiati, percussioni di ogni genere, chitarre dal suono valvolare, pianoforti, feedback, qualche effetto elettronico, gli ingredienti della pietanza Muzz che vede come piatto centrale canzoni ben scritte, che restano inchiodate in testa, e come esaltatore di sapidità la profonda ed emozionante voce di Banks. Non siamo invece così lontani da certe costruzioni dei concittadini The National ma anche dei R.E.M. del periodo “Reveal”.
Una New York in filigrana dorata emerge da questo puzzle di suggestioni sonore. Il passo ritmico, a parte nelle vibranti “Knuckleduster” e “Red Western Sky”, è felpato, rotondo, le atmosfere evocano i colori del tardo pomeriggio che vira al crepuscolo in “All Is Dead To Me”e “Bad Feeling”, le danze di “How Many Days” e di “Everything Like It Used To Be” ti guidano nella serata di Williamsburg, “Broken Tambourine”, “Chubby Checker” e “Trinidad” ti accompagnano nelle ore della notte mentre ti aggiri lungo le avenues di Brooklyn per poi affacciarti sull’East River mentre l’alba sorge su Manhattan al suono di “Evergreen”.
L’esordio dei Muzz cresce, cresce e ancora cresce, e ad ogni giro si appiccica un po’ di più al cuore per restarci bene attaccato.
Senza dubbio una delle cose migliori di Paul Banks, senza dubbio uno dei dischi che mi resteranno di questo indimenticabile 2020.