Indietro non si torna! Gianluca Gozzi ci presenta il suo “MONITOR”

Brutti tempi davvero per coloro i quali vorrebbero una Torino immobile, o che si muovesse magari all’indietro, verso una forma e un’immagine vecchia, e un passato che – se gloriosamente industriale è stato – è probabilmente irrecuperabile e sorpassato. Una città che ormai, in quanto a cultura e ad eventi di primaria importanza, non ha nulla da invidiare alla vicina Milano, e che ha saputo creare spazi e manifestazioni (musicali e artistiche) che attraggono amatori e turisti da tutta Italia e dall’estero. Una città, Torino, che rischiava di rimanere senza eventi musicali ‘Indie’, dopo lo sventramento e la diluzione (l’anno scorso) e il probabile annullamento (quest’anno) di quel Todays che aveva creato una nuova idea di Festival musicale, e che aveva portato qui, in terra sabauda, artisti e gruppi da tutto il mondo, costruito sulla base di una idea di sostenibilità e di apertura al nuovo che trascendeva il mero aspetto rock per straripare verso quelli dell’ospitalità verso il pubblico, e degli eventi socioculturali collaterali, connaturandone il ‘mood’ e anche ogni più piccolo dettaglio organizzativo. Ma per fortuna chi una volta ha saputo ‘inventare’ e fare meraviglie, lo sa fare sempre, senza necessità di lanciare proclami politici e cavilli fatti soprattutto per limitare ed escludere, più che per creare e includere . E’ infatti di pochi giorni fa la notizia che la nostra amata città avrà un nuovo Festival musical-culturale, una due giorni quasi intera di concerti e di eventi estivi, che farà nuovamente risorgere e vivere quello Spazio211, centro nevralgico della annosa (e ancora di là da venire) riqualificazione urbana e culturale di un quartiere come quello di Barriera, che nonostante tutto ha ancora fame di futuro.
Un futuro che ricomincia ad apparire un po’ più roseo anche grazie a Gianluca Gozzi e alla sua nuova creatura: MONITOR, che – come recita il lancio stampa uscito ad accompagnarne la nascita – vuole essere “lo strumento che ci permette di amplificare, diffondere ed ascoltare la musica nell’etere, esternando ed internando allo stesso tempo ogni emozione.”
La prima edizione è in programma il 10 e 11 luglio 2025, e ospiterà oltre 30 artisti nazionali e internazionali con pari rappresentatività tra artiste donne e artisti uomini, militanti in 8 band, provenienti dal sud est asiatico agli Stati Uniti, da Torino all’Italia, Francia, Olanda e Inghilterra, delle quali 3 in esclusiva nazionale e 6 per la prima volta a Torino.
Anticipato dal claim “Indietro non si torna” (una chiara dichiarazione programmatica), abbiamo voluto chiamare Gozzi e fargli un paio di domande, per capire meglio cosa aspettarci da questa nuova manifestazione e iniziare a ‘farci un po’ la bocca’, in attesa di Luglio.
Domanda: Gianluca, ci ritroviamo finalmente più o meno dove ci eravamo lasciati (se mai ci fossimo persi, ovviamente): allo Spazio211 estivo, a costruire una nuova storia, articolata e (speriamo tutti) lunga. Da quale ‘scintilla nasce ‘Monitor’?
Gianluca Gozzi: Monitor nasce dalla voglia, dalla necessità quotidiana, di fare un viaggio che, partendo dalla fiera periferia di Torino, attraversi l’Italia e vada alla conquista del Mondo. Di qui la scelta di racchiudere proprio nella parola MONITOR queste tre sillabe: MONdo-ITalia- TORino. Un viaggio che sia libero, creativo e sincero, un viaggio che fondamentalmente possa portarci a superare i nostri limiti, che siano confini geografici o confini mentali, e che possa in qualche maniera accogliere le persone. Un ‘monitor’ è proprio questo: un elemento che amplifica un suono, con una serie di onde sonore che invadono il territorio e ci accolgono e che in qualche maniera sentiamo dentro la nostra pancia e nel cuore. Quindi la scintilla è proprio questa: muovere queste onde che, in qualche maniera, nostro viaggio, le nostre relazioni e la nostra vita. MONITOR nasce poi soprattutto dal mantenere quel fuoco, e l’ardere di quel fuoco che, dall’inizio degli anni 2000 a Spazio211 (in particolare) va avanti: quindi nasce nella volontà di scoprire qualche cosa che va aldilà del quotidiano, e che in qualche maniera possa permetterci di osare, da una parte, e di ampliare dall’altra la nostra conoscenza. Quindi è di certo qualcosa che va oltre il semplice intrattenimento.
D: Bella l’immagine del ‘fuoco che arde’ a partire dagli anni 2000, così com’è bello e significativo anche quel messaggio, che è anche una sorta di claim, se vogliamo: “Indietro non si torna”. Bello poterlo dire, e bello soprattutto poterlo sentire fieramente, non trovi?
GG: Beh sì, ti ringrazio. “Indietro non si torna” è uno dei motti che speriamo possa accompagnare noi, ma anche soprattutto il pubblico. “Indietro non si torna” significa fondamentalmente essere molto concentrati sul presente, su quello che succede in questo momento, e soprattutto su quello che vogliamo far succedere. Anziché lamentarci di quello che stava indietro a noi, o che succedeva nel passato, preferiamo ‘fare cose’, che quindi ci possano portare tutti insieme nel futuro. Quel “Indietro non si torna” significa appunto ‘superamento’, e anziché riprodurre fotocopie sbiadite di qualche cosa che già c’era provare nuove strade, sicuramente mantenendo quella che è la formazione, l’attitudine, ma anche con una visione originale specifica e identitaria. Quindi ecco, è un nuovo percorso, una nuova scommessa che non tanto guarda al passato, ma guarda al presente per andare ‘oltre’.
D: “Verso l’Infinito e oltre” diceva Buzz Lightyear in Toy Story. Però è anche chiaro che chi ha amato il Todays non possa fare a meno di pensare anche un po’ a quell’esperienza (e non può assolutamente, anche lì, pensare a te): rapidamente, ci puoi dire qual è la più grande differenza tra quella esperienza e questa nuova avventura?
GG: E’ stata un’esperienza importante fondamentale che ha caratterizzato un caso specifico nove edizioni, quindi 10 lunghi anni dalla mia vita nel 2015 ad oggi, dieci anni in cui il mondo della musica dal vivo è cambiato moltissimo, e dove a un certo punto la politica ha fatto scelte di natura differenti. Monitor nasce in qualche maniera da qualche cosa che evidentemente c’era già anche prima, il Todays. Quindi fondamentalmente da tre principi: una visione – e quindi avere un’idea, un concept, che è un po’ quello che ti ho raccontato – da una capacità di ascolto – che in questo caso è l’ascolto di una comunità, che in questi ultimi due anni è stata anche molto solidale e molto vicina di fronte a questo ‘picconaggio’ del Festival Todays – perché costruire un evento culturale per me significa necessariamente dialogare con la comunità che la vivrà e ne farà in un certo qual modo parte, replicando con un’offerta che risponda veramente a una domanda del territorio, e che non metta insieme qualcosa per andare incontro a una imposizione dall’alto. E poi (speriamo) nella competenza e quindi recuperando in qualche maniera l’esperienza acquisita in tutti questi anni. Sicuramente quello che si trovava in Today – e che abbiamo recuperato con Monitor – è l’attenzione alla musica contemporanea, che troviamo insomma un po’ nei vari festival ed eventi nascono anche nel Mondo intorno a noi. Questa primissima edizione è certo una scommessa, a misura d’uomo, in cui abbiamo preferito far partire tutto dal concept anziché – come purtroppo spesso si fa – iniziare dal cartellone basandosi su chi puoi permetterti di pagare in quel momento, giustificandone poi la costruzione a posteriori. Abbiamo preferito il processo contrario, anche perché un po’ liberi da uno stress che invece in altri casi era molto presente. Pertanto ogni artista che troviamo in questo cartellone è frutto proprio di una scelta curata e dettagliata dalla volontà artistica, effetto di quell’onda sonora di cui sopra.
Per questo, ad esempio, troviamo una band come gli Yin Yin ad esempio, residenti nel nord Europa, ma che nella loro musica fanno coesistere influenze che vanno dal Giappone dalla Thailandia, a suoni invece più attuali e che arrivano anche da territori più vicino a noi.
Oppure Mariachiara Argirò, che pesca fortissime referenze nella musica elettronica, o ancora i torinesi The Cherry Pies che invece si rifanno al garage punk e dal folk americano. Artisti che sono nati in Italia, ma che ‘vivono’ nel mondo, dove cioè l’Argirò cioè lavora con artisti di Londra e Cherry Pies è una band suona nei cartelloni dei club, un po’ di tutta Europa.
D: Una Italia e un Mondo musicale che si ritroveranno quindi a Torino. Dove finalmente il ‘grande prato verde’ dello Spazio211 tornerà ad animarsi e a raccogliere gente appunto da tutta il Belpaese e, probabilmente come accadeva fino a 2 anni fa, da tutta Europa: lo farà con artiste e artisti internazionali, musicisti mai arrivati in Italia (ma già con un buonissimo seguito nel panorama musicale mondiale) e con graditi ritorni (chi non ricorda la fantastica esibizione degli Shame proprio sul palco del Todays del 2021′): è giusto dire che l’idea culturale di quel vero e proprio festival della cultura Indie che era il Todays, rappresenta le ceneri dalle quali nasce Monitor?
GG: Mi piace pensare che Monitor in realtà non nasca dalle ceneri di null’altro. Nel senso che anziché replicare qualche cosa che già c’era e che quindi è stata – e che oi è stata incenerita – sia invece ‘nata’ un’onda sonora direttamente dalla voglia, e dalla necessità che c’era, a un certo punto, di schiacciare il tasto play e di ascoltare la musica al volume più alto possibile, dal punto di vista di potenza che questa musica ci può trasmettere. Di qui, quindi, la vicinanza ai suoi più indipendenti, capaci di emergere dall’underground per diventare ‘overground’: artisti che non abbiamo la possibilità di accogliere e ascoltare con facilità nel quotidiano, ma che ci mettano nelle condizioni di ascoltare qualche cosa di nuovo. Monitor quindi nasce un po’ dalla sottrazione, dall’essenziale e da quell’attenzione per l’arte e l’artista e il messaggio che hanno da trasmettere. Un progetto culturale che non sia soltanto ‘puro intrattenimento’ (per quanto sia importante anche questo, chiaramente), ma che – come ho sempre detto – possa contribuire alla formazione delle nostre coscienze e conoscenze.
D: Una idea programmatica che ‘resiste’ al tempo, e che a noi piace anche molto. Dunque, immaginiamo che la ‘ratio’ sostenibile, ‘casereccia’ e anti-baraccone spremi-fan (che ormai sono diventati manifestazioni come I-Days o Firenze Rock, tanto per citarne un paio) sarà ancora quella che colorerà l’atmosfera di Monitor.
GG: Eh sì. Nel senso che ci piace l’idea di costruire dei festival che siano a ‘dimensione umana’, e quindi dove l’attenzione è anche e soprattutto sul pubblico. Pubblico che non deve essere soltanto ‘consumatore passivo’ di un evento – dove paghi un biglietto spesso anche eccessivo e torni a casa uguale a prima – ma dove sia anche parte attiva, immerso in un luogo dove magari possa incontrare altre persone che magari abitano a chilometri di distanza, ma tutti lì per una passione condivisa. Un festival che diventa occasione di scambio, di interazione e di crescita reciproca. Tutta quella dimensione umana che sviluppa in azione negli spazi – che non sono soltanto dei contenitori anonimi, ma dei ‘risuonatori’ di emozioni – e che sia da scintilla sia attraverso la gestione della giornata di festival, sia tramite un ambiente sereno con un’attitudine molto ‘Slow’; un luogo dove tutto quanto è facilmente raggiungibile, senza necessità di fare lunghe file, o dove sia possibile anche incontrare l’artista che ti piace in quel momento, sotto e sopra il palco.
D: attitudine ‘Slow’ che, come dichiarato anche dalle intenzioni scritte nel lancio della manifestazione, si ritroverà anche nella costruzione di “una serie di eventi catartici, tra rabbia sociale, sensualità, teatralità e musica altra”, così come dichiarato nelle dichiarazioni programmatiche : ci daresti qualche anticipazione in più, per iniziare a ‘farci la bocca’ in attesa di questi eventi?
GG: Beh, tutte queste cose sono sicuramente in gran parte contenute nell’arte che gli artisti porteranno sul palco. Penso per esempio agli SHAME, che hai menzionato, per i quali lo show contiene questi elementi, proprio dal punto di vista fisico. Oppure immagino le atmosfere di artisti che in realtà arrivano in Italia per la prima volta, come ad esempio Luvcat che calceranno anche i palchi dei grandi festival (quest’anno sarà anche lei a Glastonbury). Quindi questo sentire catartico è proprio una processione, un rito collettivo di occhi di orecchie, di braccia e di mani che applaudono e abbracciano quell’onda sonora, e che unisce pubblico e artista: un sentire che rimarrà nei nostri cuori nei due giorni del festival, e credo anche successivamente. Accanto a questo stiamo costruendo insieme tutta una serie di appuntamenti che coloreranno e con contorneranno il palco, e che appunto speriamo possano fare proprio la differenza tra qualche cosa che già conosciamo e quello che invece sarà.
E noi allora torneremo di certo da Gianluca, nelle prossime settimane, a vedere cosa stanno organizzando per quest’onda (non solamente) sonora, per colorare un nuovo appuntamento che, speriamo, sia solo il primo di una nuova, fortunata, e affascinante avventura. Grazie a Gozzi, e alla sua squadra. E grazie alla musica, che non si ferma mai, nemmeno di fronte alla sordità della politica contemporanea.