Zu, a Torino è il terremoto

La seconda data del tour europeo 2025 della band romana infiamma il Blah Blah di Torino con uno spettacolo particolarmente intenso e potente.
Un concerto degli Zu è un’esperienza, sempre, e assolutamente non me la posso perdere. Per questo, arrivo al Blah Blah in largo anticipo, quando la band è ancora impegnata a discutere gli ultimi dettagli in preparazione dello spettacolo. Mentre la sala comincia a popolarsi, Massimo mi parla volentieri dell’album “Jazzisdead Live” dei Ruinszu (lo stesso Massimo Pupillo e Luca T. Mai con Tatsuya Yoshida, batterista dei giapponesi Ruins), pubblicato da pochissimo e registrato proprio a Torino al Jazz Is Dead 2024.
Ma il piatto della serata è un altro, altrettanto ghiotto ed “energetico”, ma interamente targato Zu – nella formazione con Paolo Mongardi alla batteria. Suoneremo pezzi di qualche anno fa, mi anticipa Massimo. Drizzo le antenne: Carboniferous? Anche, qualcosa, è la risposta sorridente.
Alle 22 la sala è al completo e poco dopo i tre salgono sul palco accolti da applausi e urla di entusiasmo. Siamo pronti: che il terremoto abbia inizio.

In realtà, la partenza è morbida: una rivisitazione di “Pantakrator”, che sposta le lancette dell’orologio indietro di dieci anni esatti. Tanti ne conta “Cortar Todo”, sicuramente uno dei migliori album made in Zu.
Pochi minuti di iperventilazione, necessaria per tuffarsi nell’ondata di potenza assoluta che deflagra subito dopo: è “Goodnight Civilisation” a travolgere tutti con il sound duro e baritonale caratteristico della band, al quale il drumming di Paolo Mongardi e il setup del suo strumento apportano qualcosa di nuovo, come una nota di eleganza in più – non oserei dire morbidezza.
Il muro di suono avanza compatto con “The Unseen War”, che segna il ritorno a “Cortar Todo”, impianto di buona parte del concerto, per sfumare nel finale di “Rudra Dances Over Burning Rome”. E’ il momento buono per riprendere fiato, prima di lasciarsi investire da una tripletta da paura, con la title track dell’album legata a “No Pasa Nada” e “Conflict Acceleration”.
Il fronte sonoro prodotto dagli amplificatori è implacabile e quasi materiale, avvolge e copre ogni cosa. Davanti ai tre musicisti il pubblico che salta e urla è un film muto nella sala ormai trasformata in una bolgia rovente e sudata, in preda ad una catarsi tanto inconsapevole quanto profonda.

Dopo la parentesi di “Megaloschemos”, è “Chtonian” a trasportare musicisti e spettatori nell’universo esplosivo di “Carboniferous”, capolavoro nel quale si percepisce in modo netto un groviglio di suoni, anzi, una stratificazione dove nulla è lasciato al caso perché tutto ha un significato. Quella medesima stratificazione riflette l’evoluzione musicale della band, che – in definitiva – origina da quella personale dei suoi componenti.
Se il nome Zu richiama, dal tedesco, l’idea della chiusura, il percorso ormai trentennale della band romana è invece caratterizzato dall’apertura a formazioni diverse, dalla ricerca anche in campo antropologico e spirituale, da collaborazioni con musicisti di ogni estrazione. Parte della bellezza scura e travolgente dell’album deriva proprio da una collaborazione, quella con Mike Patton (Faith No More, Fantômas), che – tra l’altro – lo pubblicò per la propria etichetta Ipecac Recordings.
Alle spalle di Paolo, la montagna di “Carboniferous” svetta imponente sul pubblico in delirio, sul palco, sui tamburi percossi con fisicità impressionante, mentre il soffio di Luca nel baritono è continuo e muscolare, efficace contraltare al contorcersi di Massimo intorno al suo basso, lo splendido JD di fabbricazione artigianale e fedele compagno di musica ormai da molti anni.

Il boato di entusiasmo riesce a sovrastare il livello sonoro dell’amplificazione quando dal sax baritono di Luca esplode la prima nota di “Carbon”, vessillo dell’album, brano assurto ormai a simbolo dell’implacabile forza martellante che gli Zu sanno esprimere.
Suonare con tale intensità è una prova fisica, e fisica è l’esecuzione del brano: i volti e i muscoli contratti nello sforzo di ottenere l’impossibile dagli strumenti dicono chiaro che la forza di questa musica, della musica degli Zu, viene da loro tre, dai loro corpi e dalle loro anime. Il neck del basso volteggia sopra le teste degli spettatori in prima fila mentre Massimo e Luca si incontrano davanti alla batteria di Paolo, suonando testa contro testa nelle movenze di una lotta animale.
Ciò che sta avvenendo sul palco è la celebrazione di un rito, che trova il proprio senso nella forza fisica e liberatoria dell’espressione musicale portata allo spasimo, in un picco assoluto di intensità.
In chiusura, gli Zu ritornano a “Cortar Todo”, con una “Vantablack Vomitorium” particolarmente dura che, nel finale, sfuma nel field recording di un canto sciamanico. Tutti, nella sala gremita, ascoltiamo rapiti in assoluto silenzio: con l’applauso finale, forte, convinto, lungo, il rito è compiuto.
Zu, tour europeo 2025
18 marzo 2025 Torino, Blah Blah
Massimo Pupillo, basso elettrico, elettronica
Luca T. Mai, sax baritono, elettronica
Paolo Mongardi, batteria