Tapir! a Spazio211
sPAZIO211, Torino – 18/11/2024
Foto di Ilaria Galietti e Roberto Remondino
All’inizio del 2024 vedeva la luce il primo album dei Tapir! ed era stato accolto molto bene dalla critica e dagli appassionati.
“The Pilgrim, Their God And The King Of My Decrepit Mountain” è un disco abbastanza fuori dagli schemi attuali. I suoni e le trame sonore tessute dal sestetto londinese hanno il pregio di apparire molto moderne pur fondando le radici in un passato piuttosto remoto dove la fanno da padrone i richiami evidenti a un certo tipo di folk progressivo dalle venature jazzate e dove non mancano riferimenti a certo chamber-pop.
Spesso le trame rimandano ai Belle & Sebastian, appaiono abbastanza intricate da ricordare gli XTC di “Skylarking” e “Apple Venus Vol.1” e non si può dar torto a chi cita Van Dyke Parks tra le influenze principali e i Decemberist per alcune derive verso certo prog.
Ingrediente che può infliggere a molti potenziali ascoltatori serie complicazioni da sovradosaggio, ma per fortuna non è il caso dei Tapir! che custodiscono il segreto per tenerlo tranquillamente sotto controllo.
L’album è composto da una suite divisa in tre atti, formata dai due EP che lo hanno preceduto a cui si è aggiunta la terza parte scritta appositamente, e narra le vicende di Pilgrim, una strana creatura rossa che parte per un viaggio abbastanza improbabile dove incontrerà personaggi bizzarri in una natura spesso ostica e impenetrabile.
“Suite”, per di più in tre atti, e “Prog” all’interno della descrizione di un album (e non ho usato il termine “concept”), ammetto che c’è molta carne al fuoco, forse troppa; il rischio di scoraggiare una grossa fetta di pubblico è molto serio, ma provate ad ascoltarlo: il disco è davvero bello e sono certo sarà facile scovarlo in molte playlist di fine anno.
A riaccendere i riflettori su di esso viene in aiuto il mini-tour italiano di quattro date cominciato lunedì 18 novembre in una Torino avvolta dalla nebbia.
Sul palco di Spazio211 i giovanissimi componenti del sestetto hanno saputo farsi apprezzare per le loro capacità strumentali e per il veloce raggiungimento di una coesione già ragguardevole, pertanto lo show è stato rimarchevole in ogni aspetto tranne per la sua durata, davvero troppo esigua…anche se ad una band agli esordi e con un solo album all’attivo viene difficile attribuirne la colpa.
Le qualità di scrittura dei brani è stata valorizzata dalla dimensione live ed è piaciuto moltissimo l’approccio al palco quasi dimesso ma allo stesso tempo di grande professionalità da parte dei musicisti.
Senza nulla togliere agli altri componenti del gruppo, è doveroso rimarcare le qualità strumentali di Wilfred Cartwright per come sa destreggiarsi con classe e gusto alla batteria (le dinamiche estratte dal suo strumento sono apparse notevoli da subito!) e al violoncello, quelle del tastierista Will McCrossan per come sa dosare il suo strumento nelle intricate trame dei brani, e del frontman Ike Gray che per le notevoli capacità di scrittura ha tutto il potenziale e il carisma necessario per affrontare una carriera che si preannuncia importante.