This Is Techno Jazz, che la festa abbia inizio
Grande successo di pubblico per il primo festival torinese della musica Techno Jazz: due serate ad ingresso gratuito al Comala, pensate per far conoscere al grande pubblico un linguaggio musicale che per molti è ancora avvolto nel mistero e del quale i puristi diffidano. Noi c’eravamo e ci siamo entusiasmati.
C’è uno spazio artistico in cui musica techno e jazz si incontrano, ed è proprio quello in cui si colloca il festival “This Is Techno Jazz”, ideato e diretto dal sassofonista e compositore Gianni Denitto in collaborazione con l’Associazione Culturale Comala di Torino e l’etichetta Jazz-O-Tech, berlinese di stanza ma italianissima nella genesi e nel management: due serate di festa all’insegna della musica, della sperimentazione e, perché no, del ballo.
Il jazz porta nel proprio dna il gene della contaminazione: nato acustico, ha fatto propri da molto tempo suoni elettrici ed elettronici; tuttavia si identifica saldamente nell’estro del “qui ed ora”, distante anni luce dall’idea stessa di ripetizione automatizzata.
In effetti, è difficile pensare a due generi musicali più distanti reciprocamente di musica techno e jazz. I ritmi martellanti, i suoni sintetici e le sequenze melodiche ripetitive generate da elettronica computerizzata, che caratterizzano la prima, si oppongono diametralmente al virtuosismo del musicista, alla sorpresa ritmica e all’improvvisazione, su cui tutto si fonda nel secondo.
Eppure, a ben guardare – anzi, ascoltare – le due identità contrapposte possono dare vita ad un’espressione musicale condivisa, pur rimanendo distinte e distinguibili nell’insieme sonoro e nell’approccio compositivo: se da una parte il nome “techno jazz” non nasce da uno sforzo inventivo troppo intenso, dall’altra l’universo musicale che esso racchiude è in grado di soddisfare e perfino stupire entrambi i palati. Come parlare due linguaggi diversi, eppure capirsi a fondo, fino a definire un articolato vocabolario comune, da sfruttare in tutte le sue possibilità espressive. Questo è il techno jazz.
Ma torniamo al festival.
La serata di venerdì 23 si apre con Aki Himanen e Aleksi Kinnunen, consolidato duo finlandese la cui caratteristica è il connubio tra una ritmica acustica trascinante, affidata alla batteria e al fantasioso set percussivo di Aleksi, e i suoni ipnotici ed avvolgenti dell’elettronica di Aki, che sulle sequenze computerizzate veleggia con una tromba delicata quanto un velluto.
Durante il soundcheck, chiedo ad Aki se nella morbidezza dei suoi timbri ci sia un’eco distante di Nils Petter Molvær: in qualche misura forse sì, mi risponde, è un artista che stimo e probabilmente ho raccolto qualcosa del suo stile. Eccolo, il jazz, mentre il pubblico (ad occhio, principalmente Generazione X e Millennials, ma non mancano i Boomers come me) balla e saltella in stile disco, e applaude.
E’ poi la volta dei Torino Unlimited Noise, padroni di casa: non solo in quanto torinesi, ma soprattutto perché sassofono ed elettronica sono nelle sapienti mani del direttore Gianni Denitto. Alle tastiere, un Fabio Giachino in grandissimo spolvero, mentre alla batteria siede Mattia Barbieri, come sempre pirotecnico ed imprevedibile. Il tempo techno, scandito con precisione cronometrica da Mattia, che – senza alcun ausilio elettronico – si affida esclusivamente alla propria abilità, è bello presente, ma i TUN fanno vero jazz. Niente basi: Gianni registra e manda in loop frammenti di ciò che sta suonando dal vivo, mentre le dita di Fabio letteralmente danzano sui tasti e inventano fraseggi e soli dall’andamento ipnotico, una danza a spirale che si interrompe quando sax e batteria rientrano con potenza a scandire il tempo e invitano nuovamente al ballo. Nessuna drum machine, poi, potrebbe riprodurre quello che Mattia Barbieri è capace di inventare con i suoi piatti e tamburi. Applausi, molti, meritati.
Con la macchina fotografica salgo sul palco e mi muovo in mezzo a loro: stanno suonando davvero, e come suonano! Colgo occhiate interrogative seguite da sorrisi e sguardi di intesa, ma non riconosco i brani, pur conoscendoli tutti piuttosto bene… E’ Gianni a venirmi in soccorso: stiamo improvvisando, annuncia al microfono dopo un’oretta di concerto, ricevendo in risposta l’ennesimo applauso scrosciante. Solo nel finale arrivano alcuni pezzi ben riconoscibili, cavalli di battaglia noti ma trasfigurati nell’esecuzione del momento. Jazz, qui ed ora.
Mentre un rapido cambio di palco apre al DJ Set silente di Resonances IT (a.k.a. Leonardo Biscioni), rifletto su quanto banale e piatta giudicai anni fa l’improvvisazione di alcuni mostri sacri del pop e del rock (nomi stellari, che non voglio citare) inclusa in un album come palese riempitivo: un cincischiare senza meta, a turno, per non portare fuori strada gli altri. E penso che solamente chi fa jazz ha l’improvvisazione nel sangue e la sa condurre, rispettando quei “codici” necessari a garantire che tutti sempre sappiano dove si andrà a parare, perfino senza avere mai suonato insieme (come spesso accade nelle jam session). Ora, considerato l’affiatamento artistico e personale che lega i TUN ormai da diversi anni, non stupisce affatto che la loro improvvisazione sia così convincente da sembrare una partitura.
Nel frattempo, lo spazio del Comala si è popolato di saltellanti lucette azzurre: le cuffie bluetooth permettono di tirare le ore piccole ballando, nel rispetto del silenzio notturno. Con Leonardo alla console la festa prosegue, rivelandosi sostenibile.
La lineup del 24 prevede, in apertura, il concerto del duo berlinese 505. In realtà, Daniel Calvi e Mattia Prete sono italiani, ma hanno trovato il giusto spazio per la loro musica a Berlino, dove vivono da anni. Daniel è felice di esibirsi nuovamente nella sua Torino dopo lungo tempo: a fine soundcheck mi spiega che in Germania la techno va fortissimo, e che la musica elettronica, in generale, gode di notevole popolarità sin dai tempi dei Kraftwerk e dei Tangerine Dream. Ora è incarnata da nomi del calibro di Nils Frahm.
Mattia Prete, dal canto suo, è un guru dell’elettronica: sa far suonare le macchine, le programma e le guida in un processo musicale molto prossimo all’automazione, che nel progetto 505 è addolcita dalle atmosfere oniriche create da Daniel con sequencer e chitarra elettrica. Per “This Is Techno Jazz”, i 505 si propongono in versione trio, accompagnati da un ospite d’eccezione: niente meno che Gianluca Petrella, acclamato jazzista e improvvisatore noto anche per le sue doti di compositore, capace di portare il suo trombone oltre i limiti. Anche Gianluca chiacchiera volentieri: insieme ricordiamo un suo concerto d’improvvisazione in solo alla Mole Antonelliana, molti anni fa. Avanguardia jazz allo stato puro. Sento che sarà una grande serata.
E infatti il concerto in trio non delude le aspettative: Daniel e Gianluca portano Mattia nel territorio del jazz, senza che per questo la componente techno vada perduta. C’è molto pop nella loro esibizione, e il jazz, evocato da chitarra e trombone, è presente e tangibile. Anche gli spettatori apprezzano: applaudono molto, ballano, saltano, e il divertimento è leggibilissimo sui volti di tutti.
L’ultimo concerto in programma vede sul palco Fabrizio Rat, che presenta il suo progetto “La Machina”. Pianista dotatissimo, prolifico compositore e virtuoso dell’elettronica, si muove con disinvoltura tra il jazz in tutte le sue declinazioni classiche e moderne e la musica elettronica, attraversando la composizione per grandi ensemble di musica contemporanea. La sua esibizione è stupefacente: per tutta la durata del concerto, arpeggia sulla tastiera con la mano destra, senza interruzioni, neppure un attimo di tregua. Esegue una partitura costituita da appunti, più che da un vero e proprio spartito, e con la mano sinistra modula per tutto il tempo l’accompagnamento elettronico e la ritmica, improvvisando secondo l’estro del momento, come rapito in mondo suo. A tratti, il pulsare della percussione si placa e la musica si fa tappeto volante, a connettere tra loro le varie sezioni del progetto: non appena il martello techno riparte, il pubblico acclama, alza le braccia al cielo, riprende a saltare e ballare. Uno spettacolo nello spettacolo.
A fine esibizione gli chiedo se una tale performance richieda una preparazione fisica particolare. Mi tengo allenato in piscina, risponde. Insisto: ma per arpeggiare un’ora e più con una mano, senza mai staccare un attimo? Ah, per quello mi alleno a casa, suono con la mano destra mentre con la sinistra faccio tutt’altro: scrivo una partitura o mando mail, tipo. Insomma, ecco la macchina, una “Machina” umana.
E intanto è già ritornato sul palco Mattia Prete, al quale è affidata la chiusura del festival con il suo DJ set silente. Di nuovo, una marea di luci blu danza nel buio della corte a un ritmo che, all’apparenza, è solo silenzio. C’è ancora festa da vivere e musica da ballare, qui al Comala, mentre Gianni Denitto, giustamente soddisfatto per il riscontro di pubblico – certamente assai superiore alle aspettative – sta ormai pensando alla seconda edizione, che attendiamo con impazienza.
This Is Techno Jazz
23 e 24 agosto 2024
Torino, Comala
Aki Himanen & Aleksi Kinnunen
TUN Torino Unlimited Noise
Resonances IT DJ Set
505 feat. Gianluca Petrella
Fabrizio Rat
Mattia Prete DJ Set
Photo Gallery 1: 23 agosto 2024
Photo Gallery 2: 24 agosto 2024