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Paolo Spaccamonti – Nel Torbido

Nel Torbido” è il nuovo album di Paolo Spaccamonti e rappresenta la prima uscita dell’etichetta personale, Liza, nome che arriva dal soprannome della madre. La copertina che lo contiene è un raffinato scatto in B/N della fotografa Francesca Togni e si adatta perfettamente alle musiche incise su vinile “marble”.

In apertura, i suoni di “Salina” sono leggeri come l’aria, delicati, quasi impalpabili, tanto che manca solo la voce di Mark Hollis.
Enrico Gabrielli è ospite su “L’amore che strappa”, la chitarra che si appoggia sul ritmo marziale generato da Dario Bruna ricorda quella di Ry Cooder perso negli spazi interstellari invece che nella polvere del Texas.
La Title-Track rimesta l’acqua di sentina di un sommergibile in solitaria navigazione nelle oscurità degli abissi, o scava in meandri di memorie ormai sfumate, se preferite.
L’atmosfera di “I sogni non servono” è sospesa su un magico gioco di rifrazioni. Luci che appaiono e si attenuano in continuazione a illuminare minuscoli granelli di polvere o leggeri fiocchi di neve in una sequenza di incantevoli chiaroscuri.
In “Ha ragione la notte” Julia Kent aggiunge i suoni del suo violoncello a quelli della chitarra trattata di Spaccamonti e l’effetto è sorprendente, i suoni sembrano provenire dall’interno di una cattedrale in rovina dove la luce filtrata dalle poche vetrate colorate si deposita su ciò che rimane.  Il recente video che accompagna “Ha ragione la notte” descrive perfettamente le suggestioni di una tra le più belle composizioni di Spaccamonti.
“Nel Torbido” è un album che espande i confini della produzione di un artista dalla forte personalità, capace di guardarsi dentro per creare composizioni fortemente introspettive. Confini che si allargano al punto di abbracciare strutture strettamente imparentate tanto con la neo-classica quanto con certo folk scuro e ancestrale, a suggerire fughe verso un futuro carico delle più ampie ispirazioni.

Sabato 11 maggio al Magazzino sul Po, con la collaborazione di TUM, è avvenuto il release-party di questo nuovo e breve quanto intenso e introspettivo album del musicista torinese. 

Ad accompagnare Paolo Spaccamonti con la sua Gibson Diavoletto SG rossa collegata all’immancabile e fedele pedaliera degli effetti c’era Andrea Cauduro che si è dedicato ai ritmi sintetici e alla seconda chitarra, spesso suonata con l’archetto.
In una scaletta aperta da “Nottuari”, oltre naturalmente ai brani del nuovo disco, hanno fatto la loro apparizione alcune composizioni dell’ormai vasto repertorio.
Le notturne “Diagonal “e “Ablazioni” hanno aggiunto immancabili ombreggiature noir alla serata torinese chiusa da “Paul Dance” con mirata e strategica eleganza.

Intervista a Paolo Spaccamonti.

Immagino che aver fondato una propria etichetta sia per te un grande motivo di soddisfazione. Come immagini il suo futuro? Pensi di allargare il catalogo pubblicando dischi di altri artisti o la vedi solo come progetto privato?

Ho fatto di necessità virtù. Da anni gestivo già quasi tutti i passaggi, con Liza ho semplicemente formalizzato. Sarebbe bellissimo pubblicare altri artisti, ma l’etichetta è nata per pubblicare e/o ristampare dischi miei, almeno per ora. Ma non escludo in futuro di allargare la famiglia. Tempo fa ad es. mi ha scritto un musicista italiano residente in Svezia per propormi il suo album, che ho trovato pazzesco. Ecco: lui l’avrei pubblicato al volo, ma mi son dovuto placare. C’è tanta musica incredibile in giro.

La copertina di “Nel Torbido” è una bellissima fotografia di Francesca Togni che ha curato anche il DJ-set della serata di presentazione del nuovo album al Magazzino sul Po. E’ un’immagine che si presta a molte interpretazioni, per quanto mi riguarda rappresenta l’uscita da un periodo di oscurità ma la luce che si vede è ancora scarsa e il grigio predomina. Cosa ti ha colpito di quell’immagine, oltre alla sua bellezza formale?  

Amo tutto il lavoro di Francesca, il suo stile è di un’eleganza accecante… mi ci perdo.  Quella foto mi ha colpito perché l’ho percepita da subito in linea con il mood mio e del disco. E mi ha riportato ai tanti viaggi in treno per concerti, molto spesso più intensi e avventurosi della meta.

“Nel Torbido” è il primo album che fai uscire per la tua etichetta, l’hai chiamata Liza dal soprannome che aveva tua madre ed è dedicato a tuo padre. Forse più che nei tuoi lavori precedenti in questo nuovo disco si percepisce un livello di introspezione ancora più profondo. E’ un’interpretazione corretta? 

Non lo so. Probabilmente l’introspezione di cui parli ha a che fare con l’età, che avanza inesorabile. Tendo ad essere più riflessivo con l’andare degli anni. Si perdono delle persone fondamentali, i primi acciacchi… La morte non è più un pensiero raro.

Maurizio Blatto nella presentazione di “Nel Torbido” cita come riferimento William Basinski. Non mi trovo completamente d’accordo, con lui. L’ora abbondante di “The Disintegration Tapes” rappresenta il dissolvimento dell’esistenza al passare del tempo, che si sgretola malinconicamente come i palazzi in riva al mare nelle scene finali di Inception che crollano come castelli di sabbia.
Cosa che non si percepisce nella tua musica che seppur introspettiva e scura, è ancora vibrante di vita e creatività. Sei d’accordo con Maurizio o con me?

Maurizio credo si riferisse alla grana sonora, a quei suoni che sembra si sgretolino nella polvere, approccio di cui Basinski è maestro. Ma bisognerebbe chiederlo a lui. In generale tutto quello che dice Maurizio è per me legge. Insieme a Fabrizio Modonese Palumbo è la persona che più di tutti conosce il mio lavoro. Mi segue dal giorno zero e mi ha sempre supportato, in tutte le mie divagazioni. Infatti è tra le prime persone a cui mando un nuovo disco appena finito, sempre terrorizzato che me lo stronchi. Al momento sono salvo.

Durante la tua carriera hai collaborato con musicisti di estrazione spesso simile e a volte completamente diversa dalla tua. Quali sono quelle a cui sei più affezionato e perché?

In maniera diversa sono legato a tutti i musicisti con cui ho collaborato. Anche perché nel frattempo siamo diventati amici, e quindi la gioia è doppia. Non potrei collaborare con persone con cui non mi va di passare del tempo, sarebbe innaturale. Quella con Tax ad es. è stata decisamente la collaborazione più bizzarra, perché eravamo e siamo tanto diversi musicalmente, senza contare che lui non suonava da una vita… Avvicinarmi a lui è stato un mezzo miracolo ma l’ho percepito da subito come un amico di vecchia data. Spero e credo sia reciproco. Un regalo di Marco Mathieu. Altri più ‘affini’ mi hanno costretto ad alzare l’asticella come musicista, per stargli dietro. Penso ad es. a Stefano Pilia o Enrico Gabrielli, ma potrei andare avanti per ore. Non mi posso lamentare.

Sei coinvolto nel progetto Lazarus Band che ha accompagnato dal vivo gli spettacoli basati sul musical scritto da David Bowie e recentemente nella sonorizzazione live del film Le Mani di Orlac di Robert Wiene. In entrambi i casi siete stati perfetti, la qualità delle musiche è andata oltre ogni aspettativa. Sono in cantiere altre avventure con questa band?

Ti ringrazio. C’è qualcosa che bolle in pentola, e spero si possa annunciare presto. Oltre a quello quasi sicuramente nel 2025 riprenderà la tournée di Lazarus, e non vedo l’ora.

Nella recensione che avevo scritto per la sonorizzazione del film avevo sottolineato che lo score che avevate proposto era stato di una bellezza tale che avrebbe meritato la pubblicazione su supporto fisico. Sono musiche che reggerebbero un ascolto separato dalla visione del film e sarebbe un peccato averne solo una piacevole memoria. C’è qualche progetto a riguardo, ne avete parlato? 

Sarebbe complicato; siamo in tanti e viviamo in città diverse. Detto questo lasciare che un concerto rimanga solo nei ricordi dei presenti non mi spiace affatto. E’ talmente tutto reperibile da venire a noia. Con i Dub Pigeon ad es. ne abbiamo fatto una filosofia: niente dischi, niente social, pochissimi live. Rende l’evento irripetibile, unico. Ha un suo fascino – forse nostalgico – ma per questo ancora più prezioso. Personalmente una volta tendevo a voler registrare tutto, ma col tempo sono diventato parsimonioso.

Nel libro di Harry Sword “Alla Ricerca dell’Oblio Sonoro” si citano luoghi sparsi per il globo terrestre (l’Ipogeo a Malta, le grotte in Sardegna e in Irlanda) dove i suoni che vengono riprodotti al loro interno assumono riverberi inaspettati fino ad assumere le sembianze di droni infiniti ed ancestrali.
La stessa cosa accade in quell’enorme serbatoio di stoccaggio di gasolio in Scozia chiamato The Diesel Cathedral, come si può vedere in una puntata di Watch the Sound la pregevole serie di documentari sul suono raccontata benissimo da Mark Ronson, dove il riverbero si propaga per quasi un minuto. Al netto di ogni sensazione claustrofobica, sei affascinato da questi posti? Hai mai pensato di andare a registrare in luoghi singolari come quelli per espandere la tua ricerca sul suono?

Assolutamente sì, ma non c’è mai stata occasione. Il mio amico Francesco Serra lavora da anni in quella direzione, andando alla ricerca dei posti più assurdi della sua Sardegna per poi uscirsene con piccoli gioielli.

Ci sarà un tour a supporto del nuovo album? Ci sarà anche Andrea Cauduro che ha suonato con te al Release Party di sabato? 

Ci saranno delle date, ma dopo l’estate, visto il tipo di set ‘intimo’. Andrea è parte fondamentale del progetto dal vivo – che ora è a tutti gli effetti un duo – e ne vado orgoglioso. E’ talentuosissimo.

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Paolo Spaccamonti Release-Party
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Roberto Remondino

"Wishin' and hopin' and thinkin' and prayin' Plannin' and dreamin' each night of her charms That won't get you into her arms So if you're lookin' to find love you can share All you gotta do is hold her and kiss her and love her And show her that you care".