Piece Of Pearl
Barbara Baraldi – Il Fuoco Dentro – Janis Joplin – Il Romanzo
Giunti Editore, 2023.
Barbara Baraldi scrive thriller da sempre. Per questo mi ha lasciato perplessa la sua decisione di raccontare Janis Joplin.
Certo, nella storia della rocker texana c’è l’oscurità, ci sono i fantasmi, non manca un cadavere, anche più di uno. Ma si è già scritto e detto tanto, ci sono articoli, biografie, commenti tecnici e scandalistici: chiunque abbia ascoltato le canzoni della Joplin conosce bene quella vena straziante e roca che la percorre, chiunque abbia visto le foto o i video delle sue esibizioni ha già catalogato il suo stile come eccentrico, i suoi modi come eccessivi, spesso sguaiati. È una degli artisti del Club dei 27, morta a pochi mesi di distanza da Jimi Hendrix e Jim Morrison, beveva, fumava, si faceva di eroina.
Insomma, nella sua storia la vittima era lei, gli assassini già scoperti, dichiarati, talmente espliciti da diventare invisibili, quasi banali: il successo, l’incomunicabilità, la mancanza di controllo, la debolezza, le persone sbagliate, la droga.
Eppure, leggere il romanzo di Barbara Baraldi fa qualcosa che nessuna biografia ben documentata avrebbe potuto fare con la stessa intensità: traccia connessioni tra i dettagli, guarda da vicino i buchi che le iniezioni di eroina lasciano sulle braccia, osserva il tremore delle dita che stringono sigarette e bicchieri di whiskey, viviseziona i suoi respiri e i sospiri che tengono il ritmo durante gli amplessi con gli uomini e le donne che hanno sfiorato la sua vita, spingendola alla fine sempre più a fondo nel suo vortice buio.
È un romanzo su una rockstar che fa qualcosa di incredibile: con delicatezza, come se si trattasse di separare due pezzi di un puzzle di cui qualcuno ha forzato l’incastro, accantona la musica per raccontare la bambina che affoga ancora, a ventisette anni, negli occhi resi cupi e spenti dalla solitudine, dalla frustrazione, dalla droga.
Perché a dispetto della Storia e della Cronaca, ci vuole un romanzo per riuscire a toccare le cicatrici sparse sulla pelle e nell’anima, assaggiare le sue lacrime salate, restare disgustati dall’odore di vomito e di umori viziati di certi anfratti in cui il rock si dissolveva nell’aria e nel buio, lasciando solo una candela accesa sotto ad un cucchiaino in cui galleggiava l’eroina.
E ci vuole una narratrice sensibile e attenta per rendere giustizia anche agli strati puliti e limpidi di Janis, quelli altruisti e quasi ingenui, quelli generosi, creativi, appassionati, quelli dell’impegno verso i neri, quelli della ricerca spasmodica di una famiglia nella band, nei fan, nei produttori. Esiste una Janis felice di cantare, che combatte contro i fantasmi butterati, copie sgualcite di bulli adolescenti, ricordi malfermi eppure ingombranti, una Janis che si riempie il collo di gioielli fatti di perline di vetro, che si rifugia nell’affetto istintivo di un cane, che scrive lettere dolci e strazianti, che sogna uno steccato bianco, che piange smarrita e spaventata per gli amici che le muoiono intorno, falciati da spettri gemelli dei suoi.
Eppure, che nonostante questo e a dispetto dell’effetto che la sua voce faceva ovunque nel mondo, tornava a sbattere contro la stessa abbacinante luce artificiale, ottusamente. E continuava a sentirsi sola.
Barbara Baraldi insinua la sua scrittura attenta e premurosa nel mezzo di aneddoti, incontri, relazioni consolidate: tra le sue pagine c’è posto per tutto e si affacciano tutti, da Bob Dylan a Leonard Cohen, i Beatles, Patti Smith, la moda, la poesia, la beat generation e i romanzi di Kerouac, Londra, New York, San Francisco, il Brasile, diverse stanze d’albergo, i festival diventati leggenda, il Texas della sua infanzia, le stazioni di servizio e i bagni della sua perdizione.
C’è tutta Janis, nel romanzo di Barbara, così struggente e piena che alla fine, da quell’immagine scomposta e senza vita, riparte la musica, devastante, dolorosa, impetuosa e violenta. La sua voce diventa ossessione e forse è solo a quel punto che, continuando ad ascoltarla, le permettiamo, ovunque sia, con i suoi fantasmi, di fare finalmente l’amore.