Micah P. Hinson – Live a Torino
sPAZIO211 – 09/03/2023
E’ bello pensare che il nostro paese stia in qualche modo contribuendo a salvare la carriera di Micah P. Hinson.
L’autore ha più volte espresso il suo disgusto verso l’attuale sistema discografico colpevolizzando le piattaforme di streaming dell’uccisione dell’arte per via della scarsità di compensi verso i musicisti, ed è stato davvero sull’orlo di interrompere la carriera musicale.
Sarebbe stato davvero un peccato perché il disco uscito a dicembre, in una produzione già importante per numero e mediamente di elevata qualità, è subito apparso tra i suoi più belli.
“I Lie To You”, è stato registrato in Irpinia con il prezioso contributo di Alessandro Stefana, di Greg Cohen, Zeno De Rossi e Raffaele Timeo (ma c’è anche lo zampino di Vinicio Capossela e John Concertino) ed è stato pubblicato dalla nostrana Ponderosa Music Records.
Accolto benissimo dalla stampa e dal pubblico, il disco ha adesso un bel tour europeo di supporto e l’Italia è stata premiata con la programmazione di ben sette date che stanno facendo registrare il tutto esaurito ovunque.
Tra queste è andata sold-out anche quella di giovedì 9 marzo a sPAZIO211 di Torino che è anche il primo locale italiano che ospitò il texano (d’adozione, è nato a Memphis, TN) nel suo primo tour in Europa.
Le copertine dei suoi dischi dicono molto della personalità dell’autore, e contribuiscono a rafforzarne il contenuto.
L’universo femminile in particolare, tralasciato per i tre lavori precedenti, torna adesso adesso a ricoprire un ruolo centrale come dimostra la grande sensualità in scala di grigi del bellissimo scatto ad opera di Natalia Andreoli scelto per l’occasione.
Questa è quella che si avvicina di più a quella del primo album. Quella che più delle successive trasudava grande sensualità e desiderio, sentimenti che persero gradualmente interesse come mostrano quelle usate per i dischi che seguirono dove i corpi femminili vennero gradualmente ridotti a dettagli, fino ad arrivare a quelle degli album di metà carriera, rappresentati con derive fetish tipiche dell’immaginario hard-boiled.
Per poi sparire del tutto.
In quella del nuovo “I Lie To You” traspare il desiderio di ritornare a un’idea di sessualità più semplice e ingenua, anche se lo sguardo è da spettatore e non da protagonista, curioso sì, ma distaccato. Come lo è sempre stato in passato, d’altra parte.
Micah P. Hinson porta sul palco le sue canzoni fatte di scricchiolii di letti e pavimenti, di storie spezzate e di solitudine, di amori non corrisposti, di polvere, asfalto, bottiglie vuote e posaceneri pieni.
Lo fa con lo stile di Cormack McCarthy su uno spartito di Townes Van Zandt o di Calvin Russel. Canzoni incise sulla pelle e scavate nell’anima.
Accompagnato sul palco da Alessandro Stefana che si è prodigato alle chitarre, alla slide e tutto il resto e da Zeno De Rossi, batteria e barba alla Levon Helm, è proprio come te lo aspetti: tanto smagrito quanto iconico con l’inseparabile sigaretta con bocchino (è così difficile smettere di fumare…) e sempre ben disposto a introdurre i brani con aneddoti e memorie che spesso si aprono a simpatici siparietti col pubblico.
Il nuovo album viene suonato quasi per intero a conferma della grande fiducia riposta in esso.
In una scaletta che pesca un po’ dal repertorio passato ma tralascia gli ultimi lavori merita un cenno la pregevole esecuzione della meravigliosa 500 Miles di Hedy West, da lacrime per quanto è bella, una melodia dal sapore antico portata al successo da Peter, Paul and Mary che richiama praterie sconfinate, cieli azzurri e amori materni.
Questa appare in aperto contrasto con gli indelebili ricordi di un’infanzia difficile (anche se la musica è divertente) evocati dalla cover di Please Daddy, Don’t Get Drunk This Christmas dal quaderno di un John Denver che non ricordavi così amaro, ma sarebbe stato lo stesso fosse uscita dalla penna di Gene Clark, e con l’amarezza frammista a disillusione di Wasted Days and Wasted Nights.
Giorni e notti sprecati e altri giorni ignorati:
Lovers hold on but dream not what they need
Cast our demons but let not God save our souls
Leave me now I am home
Burn the days I left you here alone
I pezzi più ritmati e strettamente imparentati col bluegrass arrivano nei bis dove la
chiusura affidata a Diggin a Grave è messa lì apposta per scacciare vecchi e fastidiosi demoni.
Si spera.