Orchestre Tout Puissant Marcel Duchamp – sPAZIO211
Torino, sPAZIO211 02 Febbraio 2023
Alle cose da fare almeno una volta nella vita bisogna aggiungerne una: “Vedere almeno una volta dal vivo l’Orchestre Tout Puissant Marcel Duchamp”.
Lo scorso maggio nella bellissima cornice del Cortile del Broletto nell’ambito del NovaraJazz Festival gli svizzeri offrirono uno spettacolo magnifico e coinvolgente.
Ieri sera negli spazi più ristretti di sPAZIO211 di via Cigna a Torino gli svizzeri ne hanno offerto uno, se possibile, ancora migliore.
Suonarono benissimo là, hanno suonato benissimo giovedì ieri, scalette simili, esecuzioni impeccabili.
Ok, allora perché ci sono piaciuti di più?
La calibrazione dei suoni per dirne una. Adattati perfettamente al locale e non era facile: con dodici musicisti armati di archi, due batterie, fiati, due chitarre elettriche, contrabbasso, marimba, xilofono e altre percussioni il rischio forte era quello che si generasse un magma sonoro impastato e confuso. Invece ogni strumento era perfettamente riconoscibile, calibrato nel volume e nello spazio che doveva occupare e alla fine del concerto anche al loro addetto al mixer è arrivata la meritata dose di applausi.
La differenza tra un pubblico e l’altro è un altro aspetto da considerare. Un festival jazz ne richiama un tipo molto eterogeneo, dagli amanti del jazz tradizionale passando agli ascoltatori occasionali ai semplici curiosi.
La data di ieri sera, andata gloriosamente sold-out, ha invece richiamato una folta schiera di super appassionati, preparata e attenta ai movimenti dell’odierno panorama musicale. Cultori di avanguardie tipicamente JazzisDead! a fianco di scafati indie-rocker (si può ancora dire?) erano lì apposta per loro e il variegato collettivo svizzero lo ha chiaramente percepito. L’impressione è che rendano molto di più se si trovano ad avere il pubblico addosso, credo gradiscano averlo quasi sul palco come l’altra sera, per affrontarlo di petto, mischiandosi ad esso.
Credo che la mia opinione sarà condivisa da coloro che hanno avuto l’occasione di vedere entrambi gli spettacoli.
Lo si è percepito in modo chiaro, gli sguardi d’intesa e la spontaneità dei sorrisi di tutti i componenti della band hanno raccontato questo e dal palco, per l’occasione ampliato ai lati, un flusso bidirezionale di vibrazioni positive ha coinvolto tutti i presenti.
Il ricordo che avremo sarà quello di un concerto un po’ breve ma davvero entusiasmante, intenso e vibrante.
Il gruppo ha la grande capacità di tessere un sottile ma tenace filo rosso che collega la New York grigio accecante della No-Wave al fervore sperimentale di una Colonia delle avanguardie irripetibili, ancorandolo saldamente ad ancestrali pilastri antropologici.
Chitarre schizoidi squarciano ostinati ritmi voodoo in una mantra ipnotico che coinvolge l’Africa urbanizzata di “The Great Curve”, le incredibili intuizioni che avvennero in quel castello di Nörvenich e nella mente di John Coltrane.
Il doppio drumming dei batteristi è figlio tanto di un fantasioso Jaki Liebezeit quanto di un ipnotico Klaus Dinger, la chitarre, una più rigorosa, l’altra più furiosa e istintiva evocano Byrne, Karoli e Fripp. Gli archi e gli ottoni richiamano trame balcaniche, le percussioni arricchiscono e completano un suono che gronda groove irresistibili.
E poi ci senti dentro tanto gli Stereolab quanto i quadretti naïf di una Penguin Cafè Orchestra, si balla come a un concerto degli LCD Soundsystem e per l’approccio un po’ slacker di tenere il palco sono anche bellissimi da vedere. Ce ne fossero gruppi così.
“Abbiamo suonato a Torino dodici anni fa, a sentirci c’erano tipo sette persone”, ricorda il contrabbassista e fondatore Vincent Bertholet. L’Orchestre Tout Puissant Marchel Duchamp sta raccogliendo i consensi di un pubblico sempre più ampio e il loro futuro appare radioso. Meriterebbero un successo ancora più grande e chissà che prima o poi non arrivi.
A volte basta un po’ di fortuna, quella che di cuore auguriamo a questa fantastica band.