TOdays 2022 – Day 3!
E’ terminata anche questa edizione del TOday Festival, abbiamo passato insieme tre bellissime serate, ci siamo divertiti, abbiamo sudato, ci siamo impolverati e ci siamo bagnati, abbiamo riso, gioito e ascoltato tanta , ma proprio tanta musica. Ne abbiamo scoperta di nuova che ci è piaciuta molto e altra che ci è piaciuta un po’ meno, ma è stato importante provare, continuare a scavare e sperimentare cose nuove per muoversi in avanti e non rimanere fermi.
La musica che ci circonda è in continua evoluzione, e un festival come il TOdays ha sempre guardato avanti. Molte delle nuove proposte di questa edizione hanno un futuro promettente davanti a loro, altre le dimenticheremo presto. Funziona così. Ma da ogni serata del festival abbiamo imparato qualcosa che non conoscevamo e di questo dobbiamo farne tesoro.
Ci si vede l’anno prossimo, per un altro giro di nomi pronti a stupirci.
Grazie TOdays!
Normalmente non ci sono tantissime persone presenti ad assistere al primo act delle serate del TOdays. Stasera non è così, il richiamo degli Arab Strap posti in apertura è troppo forte per resistervi e l’arena si presenta già piuttosto piena al momento in cui gli scozzesi salgono sul palco.
Stasera la voce di Aidan Moffat è splendida, col passare degli anni ha assunto sfumature più calde e profonde, le chitarre di Malcolm Middleton sono perfette come sempre, i suoni impeccabili.
Iniziano con The Turning of Our Bones, ed è magnifica, proposta con il medesimo elegantissimo arrangiamento che si ascolta sul loro ultimo album “As Days Get Dark”, che per chi scrive è il loro capolavoro. Un disco di pura classe, bellissimo già a partire dal titolo. La sezione electro-noise di Girls of Summer sfocia dentro alla nuova Compersion, Pt.1 ed è un’altra meraviglia, Fable of the Urban Fox è una canzone drammaticamente attuale e così dannatamente bella che vorresti non finisse mai. Riuscirne a mantenerne integri i sontuosi arrangiamenti è roba da musicisti dal grande talento, e loro lo sono.
Dal repertorio più vecchio non potevano mancare Fucking Little Bastards e Don’t Ask Me To Dance con delle chitarre belle potenti, e gli squarci elettrici di Blackness. Il lancio al pubblico del foglio con su scritto il testo di The First Big Weekend chiude un set che resterà nella storia del TOdays.
Gli scozzesi sono stati perfetti, e dal pubblico sono arrivate solo lodi sperticate per quello che è stato il concerto più bello di questa edizione.
Aidan Moffat si è poi goduto il live degli Yard Act, intrattenendosi un po’ con tutti. Sembra un orso grigio ma un signore che scrive delle canzoni così non può che essere una gran bella persona.
La serata prosegue all’insegna del suono chitarristico. I DIIV hanno alle spalle una discografia importante e di livello mediamente alto, con vertici rappresentati dagli album “Is The Is Are” e “Deceiver”.
I newyorkesi sono un gruppo americano un po’ atipico, il loro è uno shoegaze con accenti ritmici più marcati, accelerazioni improvvise e rumorose e un grande gusto per la melodia. L’esempio più calzante è l’eterea Horsehead dove ricordano piuttosto da vicino gli Slowdive.
Ma Zachary Cole Smith conosce molto bene anche le regole per scrivere dei grandi pezzi wave-pop, brani come le scintillanti Under the Sun e Loose Ends non nascono per caso e Skin Game sembra uscita dalla penna di Elliott Smith.
In altri frangenti sono più grungy e ricordano i Nirvana e gli Smashing Pumpkins di inizio carriera.
Coinvolgenti al punto giusto, ci sono piaciuti molto anche per il loro modo di stare sul palco.
Promossi a pieni voti.
Yard Act sul palco e, come successo il giorno precedente durante il set degli Squid, è di nuovo pogo e surf-crowding.
Emergere dal filone del nuovo post-punk non è affatto facile ma il loro primo album uscito all’inizio dell’anno si è fatto apprezzare per la freschezza dei contenuti.
I ragazzi dello Yorkshire propongono un post-punk cresciuto nei pub, fatto di chitarre belle toste, di nevrosi urbane dei primi Talking Heads, di forti ascendenze Fall, del DNA dei Gang of Four e parlano la stessa lingua di Ian Dury.
Finalmente nessuna traccia di Joy Division e Cure tra i riferimenti, bensì la sfrontatezza degli Sleaford Mods, in qualche modo accostabili per le taglienti invettive e il modo di declamare i testi più che cantarli.
I quattro hanno affrontato il palco del TOdays come fosse quello di un pub di Leeds, fregandosene una beata cippa di essere di fronte a duemila persone, che su pezzi come Dark Days, The Overload, Land of Blind e Pay Day non hanno mai smesso di fare casino.
James Smith, Ryan Needham, Sam Shjipstone and Jay Russell hanno offerto un concerto ironico, divertente ed entusiasmante, tra i migliori di questa edizione. E dire che sono a inizio carriera!
E’ ora di farsi una birra prima che inizino i Primal Scream.
Che si presentano sul palco alle 22:45 in punto. Il loro era il set più atteso del festival, il richiamo del trentennale di “Screamdelica” (in realtà è del ’91) era molto forte e infatti alla cassa si è registrato il sold-out.
A Screamedelica va riconosciuta l’importanza di essere stato il disco della felice intuizione di unire il rock’n’roll classico alla Stones ai suoni della scena House che stava dilagando nei club.
I Primal Scream hanno disatteso le speranze di quanti si aspettavano la sua esecuzione integrale, proponendo una set-list con due soli brani da quel disco nonostante il look technicolor di Bobby Gillespie.
Ne è uscito un concerto un po’ così, senza un vero filo conduttore e una sequenza di pezzi estratti dai vari album (3 da “XTRMNTR”, 2 da “Evil Heat”, 2 da “Give Out Buy Dot’t Give Up” e poco altro), proposti a volumi esagerati, con un suono roboante, piatto e senza dinamica (scelta del gruppo, nessuna colpa degli organizzatori).
A peggiorare le cose la non perfetta coesione dei musicisti e una persistente sensazione di svogliatezza. Inoltre, l’utilizzo di fiati e cori campionati fa lo stesso effetto dei baffi finti in un western girato coi fondali disegnati. E’ improponibile anche per una cover band, e diventa imperdonabile per quelle di questa caratura.
Non tutto è andato storto, Movin On Up, Rocks e Jailbird hanno tolto un po’ l’amaro in bocca e fatto agitare il culo a tutti.
La dedica di English Town a Mark Lanegan, è stato il momento più toccante di un concerto con un alto potenziale andato purtroppo sprecato.
It’s only rock’n’roll, ma stavolta non ci è piaciuto molto.
Pazienza.
“Da un po’ di tempo, mio figlio Giosuè ha imparato a dire “wow”; ogni volta che pronuncia questa esclamazione mi insegna proprio a rompere schemi ed equilibri, anche quelli che funziona(va)no o non funzionano più, per crearne di nuovi, diversi e originali, anche quando ci sono momenti difficili. L’importante è non smettere, non darsi per vinti, continuare sempre a lasciarsi stupire ed essere “in movimento”, per progredire in un momento storico come questo in cui gli effetti (anche sul piano culturale) della pandemia sono più che mai reali e presenti, e disfare e rifare diventa un inno alla creatività vera e alla resilienza.” Gianluca Gozzi.
La prima giornata:
https://www.weloveradiorock.com/2022/08/28/todays-2022-day-one/
e la seconda:
https://www.weloveradiorock.com/2022/08/29/todays-2022-day-2/