Fry Moneti Cosmic Rambler: I brani che mi hanno attaccato al muro.
“Ho sempre avuto i capelli lunghi, vaporosi e ricci. Da ragazzino ero un metallaro e andavano così, solo che la maggior parte dei metallari erano dei parrucconi. I miei son veri, ogni riccio un capriccio”. Il ricciolo del folk rock italiano, Francesco “Fry” Moneti, svela le proprie grazie artistiche in un disco solista, “Cosmic Rambler”, che è un godibile e abile salto sul trapezio senza rete né limiti.
Lo abbiamo ascoltato in anteprima (l’album sarà disponibile da gennaio 2021), in compagnia dello stesso polistrumentista di Modena City Ramblers, Casa del Vento e un’indeterminabile serie di altre produzioni che si sono giovate non poco dei suoi violini, bouzouki e chitarre.
L’album si apre con “This Is The World We Live In”, l’unico brano cantato. Alla chitarra Alfonso “Fofo” Bruno, alla batteria Marco Confetti (quello di Sting per capirci), alle voci Francesco Di Bella (già nei 24 Grana) e, udite udite, lo stesso Moneti. E qui parte la nostra chiacchierata…
LUCA “Con questo disco ti scopriamo come solista, persino cantante ma io ancora non ho capito da dove arrivi il soprannome Fry. Inizierei svelando questo “terzo segreto di Fatima”, considerato oltretutto che per quanto ne so i tuoi amici storici ti chiamano perlopiù Francy o Ilmoneti”.
FRY “Sì sì Francy è il più gettonato. In Emilia diventa “Frency”. “Ilmoneti” tutto attaccato è molto aretino e mi garba. Ti anticipo che un bravissimo giovin liutaio lombardo sta creando un violino e gli metterà nome proprio ILMONETI, un gentilissimo omaggio e la cosa mi fa enormemente piacere. Fry nasce dalla contrazione di Francy e mi diverte perché se lo pronunci “fri” suona come l’inglese “free” quindi libero, se lo pronunci “frai” suona come il tedesco “frei” che vuol dire sempre libero ed io mi sento da sempre libero sia come musicista che come uomo”.
LUCA “Una libertà che, mi permetto di dire, ti ha permesso in questi anni di prescindere dalle separazioni artistiche e suonare con i “Ramblers” ovunque dispersi e ogni tanto agevolare perfino palchi condivisi. C’è, non dico un rimpianto, ma un rammarico nella tua lunga avventura con i Modena?”.
FRY “Sai suono con loro da 25/26 anni oramai. Anni bellissimi e ricchi di emozioni, sinceramente non vedo l’ora di ripartire e riabbracciare tutti i nostri fan. È comunque normale che vi siano state scelte su cui non son stato d’accordo, come ci son sicuramente state altre questioni che io ho sostenuto con forza e che gli altri han digerito a fatica. Siamo un gruppo e ci vogliamo comunque molto bene, così come adoro i ragazzi della Casa del Vento. Non ho un gran ricordo in verità del periodo con i due cantanti dopo l’abbandono di Cisco, c’era una brutta atmosfera anche se del tour nei territori confiscati alla mafia conservo memorie stupende. È anche capitato qualche volta di collaborare con artisti che a me non piacevano granché, per me la musica è una cosa importante e suonare un pezzo che non mi piace perché comunque l’artista “è un bravo ragazzo” a me non è che garbi tanto. Con un bravo ragazzo ci vado a mangiare la pizza non per forza in sala di registrazione, però ripeto stare in un gruppo vuol dire anche questo”.
LUCA “Tornando al disco, che mi “garba” proprio, come ti ho detto da subito il pezzo con Fariselli, “African Scars”, credo valga davvero una carriera. Nelle mie note di ascolto ho scritto che “si sente persino l’odore della merda di elefante”. Ora a prescindere dalle mie percezioni onirico-olfattive, c’è il dato tecnico che si esce proprio dagli standard della pur nobile forma canzone. Io sarò anche condizionato dall’amore per gli Area e per Claudio Rocchi (a cui il pianoforte di Patrizio ha dato tanto) ma ho l’impressione si sconfini davvero verso un altrove (fortunatamente) non catalogabile. Ascoltandolo ho avuto l’impressione che le note non fossero più 7 (o otto i toni se preferisci) ma molte, molte di più. Ora la domanda è: si tratta di un’illusione creata impastando sapientemente il suono dei vari strumenti o nello spartito c’è la mano del diavolo?”
FRY “Mi metti davvero un po’ in imbarazzo, ti ringrazio. Sai cos’è? Spesso si fanno i CD perché te lo chiedono i discografici o per trovare una scusa per dare un nome nuovo ad un tour, se ti guardi un po’ in giro è evidente questo atteggiamento. Ecco “Cosmic Rambler” rappresenta l’esatto contrario. I brani mi hanno praticamente attaccato al muro ed urlato: adesso, brutto somaro, vai in studio, ci registri e ci fai uscire”.
LUCA “Sin dal primo ascolto ho avuto l’impressione che la pandemia ti abbia obbligato a disfare un’eterna valigia di appunti, riff, armonie. Quelle cose che ci diciamo “poi deciderò cosa farne”, ti hanno lasciato senza più scuse e, forse anche in maniera veloce, alla fine hanno preso forma. È così o è un disco al quale già lavoravi nelle pause tra uno e l’altro dei tuoi 320 concerti annuali?”.
FRY “Mi serpeggiava in testa da tempo l’idea di fare uscire un album solista ma, dici bene, a me finiva un tour coi MCR e ne partiva un altro con altri artisti oppure qualche lavoro in studio. Sicuramente una delle poche cose buone che ha portato questo inaspettato stop è stato mettermi di fronte ad un bivio: deprimermi o ottimizzare questo tempo per capitalizzare le migliaia di input che ho sparso per agende e registrazioni rudimentali. Per mia fortuna ha vinto la seconda ipotesi e, complice un team di lavoro veramente eccezionale, con Govind della New Model Label e Gino Pierascenzi (che ha coprodotto il disco) ci siamo messi al lavoro”.
LUCA “Il perno centrale dell’opera è “Lorenzo, The Magnificent” che più che una semplice dedica al tuo “piccolo orango che da due anni mi gira per casa” alle mie orecchie suona come un incrocio tra le radici “irish” e l’oriente in cui si mescola qualcosa che richiama melodie ancestrali della tradizione italiana. Mi fa davvero pensare a un ponte di suoni attraverso il tempo e lo spazio che possa accompagnare la vita di Lorenzo anche più in là di quanto suo padre e suo nonno riescano a immaginare”.
FRY “Sì, è così. Quel brano tocca le mie corde emotive più di ogni altro brano che abbia mai scritto. Nella stessa registrazione compaiono il mio babbo al banjo e mio figlio ignaro corista. Si tratta sicuramente di una melodia larga, carezzevole, quasi un dolce carillon e mi piace pensare che rappresenterà un filo rosso tra le tre generazioni. Non oso pensare a cosa proverò quando la suonerò dal vivo, sarà sicuramente un’emozione assolutamente inedita per me”.
LUCA “Ecco bravo dal vivo. Tu sei un animale da palcoscenico, oltreché un musicista che spesso e volentieri fa la differenza. Diciamo che ho sentito mediocri elevarsi di parecchi punti con il tuo contributo. Come pensi di proporre questo tuo nuovo repertorio nella dimensione live con, speriamo presto, il pubblico presente?”.
FRY “Intanto ti ringrazio di nuovo del complimento. Io ho una voglia pazza di portare “Cosmic Rambler” in tour. Il disco è un carnevale strambo di suoni e di tanti strumenti e mi son trovato a pensare più volte alla formula giusta per portarlo in giro. Di sicuro, per vari motivi, non ci sarà un gruppo. Primo fra tutti è che per rendere credibile in versione live tutto quello che ho suonato ci vorrebbe un ensemble davvero numeroso ma, soprattutto, non ho alcuna voglia di creare un altro gruppo WhatsApp, né di impazzire dentro un furgone o aspettare i ritardatari. Quindi ho deciso che andremo a suonare io e Gino Pierascenzi. Gino è un valente polistrumentista e sa gestire benissimo computer, basi e diavolerie del genere, in più ha l’attitudine giusta ed è un vero gentleman. Il palco sarà molto semplice: io e Gino, alcune cose registrate e basta. Sarebbe poi favoloso avere in qualche data Alfio Antico o Patrizio Fariselli, vedremo”.
LUCA “Chi è il più cronico dei dormiglioni che ti sei trovato in questi anni?”
FRY “Ah guarda, io con il fatto che spesso sono a corto di ore di sonno, causa mille impegni, dispongo di una funzione di addormentamento istantaneo. Devo dire che Luciano Gaetani (fondatore dei MCR), a cui voglio un gran bene, è capace di entrare nel furgone, addormentarsi a Modena e svegliarsi a Zurigo”.
LUCA “Tornando al live devo dire che, pur rendendomi conto delle oggettive difficoltà, io me lo sono immaginato con i brani del disco e qualche classico dal tuo repertorio riarrangiato per strumento solista e orchestra”.
FRY “Guarda, se non vi fossero evidenti questioni di budget, assolutamente sì”.
LUCA “Nel disco c’è un brano che a me piace molto “A perfect storm”. Ascoltandolo mi sono scritto questa nota: “venuti da un altro tempo, da un altro mondo, suoni antichi e futuribili si rincorrono una tela sincopata”. Cos’è questa tempesta perfetta?”.
FRY “Bellissima descrizione, la sfrutterò citando la fonte ovviamente. Il termine meteorologico sta a indicare una tempesta che colpisce la zona più vulnerabile della regione causando un danno massimo, il danno massimo che quel tipo di tempesta può portare. Nel disco è forte la fascinazione dell’elemento, c’è anche un titolo sullo tsunami, ma in questo caso potrebbe volere alludere a un qualcosa che capita nella vita quando hai un po’ la guardia abbassata. In negativo come in positivo, non so esci da una storia travagliata e decidi di “chiudere bottega” ma arriva una persona che ti mette a soqquadro la vita e tutto in gioco”.
LUCA “Faccio l’indiscreto se dico che si tratta della scoperta di un grande amore?”.
FRY “È così. Per quanto mi riguarda è la paternità. L’amore della mia vita, cosa che non credevo. Io ho sempre un po’ “guidato” le storie d’amore senza venirne travolto, invece un nano di neanche due anni mi ha messo KO”.
LUCA “È sempre lui il “My Sweet Tsunami”?”.
FRY “Sì il “dolce tsunami” è sempre Lorenzo. Un bimbo molto buono che però quel giorno mi aveva fatto cascare il laptop dove tenevo tanti appunti musicali, tra cui un po’ di cose di “Cosmic rambler”, e lo ha rotto in mille pezzi. Ah, è riuscito pure a rompermi un archetto del violino, fortunatamente un “archetto muletto” non costosissimo”.
LUCA “In attesa dell’album il 18 dicembre è uscito il singolo Jerusalem Vibes. MI incuriosisce questo tuo sguardo da musicista che ha conosciuto Arafat e che si incanta sui riflessi della luce di una Gerusalemme cosmopolita e ideale. Quasi quella “città aperta” della quale sembrano ormai perse le tracce, personalmente ci ho ritrovato gli echi di una festa di matrimonio palestinese a cui ho partecipato diversi anni fa”
FRY “Gerusalemme è una città meravigliosa, ha un sapore particolare e credo che anche il più convinto degli atei si trovi a vacillare dopo solo mezz’ora passata a camminare tra quelle bellissime e misteriose strade. La volta che ho conosciuto Yasser Arafat è stata uno degli highlights della mia vita. Ero in Palestina in rappresentanza dei MCR con la ONG Ucodep (poi inglobata in Oxfam), doveva essere il 2004, ho suonato da solo nelle scuole e in varie situazioni mescolandomi con musicisti palestinesi. Tra un incontro e l’altro ci comunicarono che ad Arafat era arrivata voce di questo manipolo di toscani (eravamo quasi tutti di Arezzo) che lavoravano ad un progetto umanitario in Palestina”.
LUCA “Rileggo insieme a te i miei appunti sonori a proposito di “Before the Ghibli” e “Electric Ghibli”: “prima la new wave va a sbattere contro reminiscenze celtiche, poi tutto diventa scuro, chiaro, rosso, indiano, elettrico. Fottuto Fry, se rifanno Sandokan devono chiamarti per la colonna sonora”. In caso ti rendi disponibili?”.
FRY “Magari mi chiamassero a far la colonna sonora di un ipotetico nuovo Sandokan! Son anche disposto a sostituire Kabir Bedi nella scena dell’epico duello con la tigre, a patto che la tigre sia di cartapesta. Scherzi a parte ci può stare che le fascinazioni per suoni particolari siano una eredità lasciata dalla visione di questi sceneggiati girati in luoghi esotici, da piccoli siamo delle vere e proprie spugne e si assorbe di tutto”.
LUCA “Pare che Sandokan ritorni davvero sugli schermi però avrà la fisionomia di Can Yaman e Argentero nei panni di Yanez, dovrai accontentarti di Tremal-Naik temo. Ti riporto a “Cosmic Rambler” però, in scaletta ci sono ancora “Vampireska” e “La Valse Du Sang”. Quest’ultimo è un vero e proprio valzer psichedelico tornando su territori nei quali siamo più abituati ad ascoltarti. Verrebbe da definirlo il ritorno di Ulisse Moneti alla sua Itaca. Una Itaca che chiude perfettamente l’opera collocandola appieno nel solco di un’accezione della parola tradizione, intesa come passaggio del sapere (e delle emozioni) tra differenti generazioni. In questo senso ci leggo anche la partecipazione all’album di un fuoriclasse come Alfio Antico, o’ Re di tamburi e tamorra, e la copertina con Fry volato nello spazio sul pulmino Volkswagen tanto caro agli hippie. Forse è vero che i “troubadour” continueranno a esserci anche lungo le rotte galattiche?”.
FRY “Guai se non fosse così, i griot, i cantastorie sì ci saranno sempre. Alfio Antico è un portento, una vera fortuna incontrarlo nel mio cammino. Quando io e Gino siamo andati a Ferrara e registrare le sue parti ci ha preparato una pasta alla norma spettacolare. È una persona autentica, vera, oltre che essere davvero “il dio tamburo”. La copertina è opera di Daniele Caluri, un’eccellenza del fumetto italiano. Toscano come me, ha tradotto in immagini quello che faticosamente ho cercato di spiegargli e ha fatto una tavola meravigliosa. Tutti gli ospiti di “Cosmic Rambler” mi han fatto un bellissimo regalo, ancora non ci credo di averli tutti con me”.
LUCA “Daniele Caluri, con Emiliano Pagani, è tra l’altro autore di Don Zauker e delle sue Operette Morali per Il Vernacoliere. Questo mi dà il pretesto per celebrare l’ironia che, oltre a salvarti credo spesso la vita, ha contribuito a farti diventare una piccola celebrità dei social media. Ti stai preparando al prossimo Sanremo?”.
FRY “Aaahh!!! Io ci potrei anche andare a Sanremo, però mi domando: se incontro tutti gli artisti, musicisti, presentatori che per anni ho preso in giro cosa mi fanno? A proposito di scrivere in questi mesi ho lavorato anche a un romanzo rock ambientato nell’Italia di metà anni ‘90, si chiamerà “In un elaborato impeto d’ira” e dovrebbe uscire a marzo per le edizioni Officina di Hank”.
LUCA “Sai già che ti toccherà una presentazione targata “We Love Radio Rock”, dal vivo questa volta così ti posso mettere in crisi con qualche brano dei Pooh che ancora non conosci”.
FRY “Ho già ammesso che “Inca” è un gran pezzo di hard rock italiano e che “Parsifal” mi piace assai. A presentare il libro ci vengo comunque davvero volentieri”.
LUCA “Tornando a dischi che ci piacerebbero assai. Uscirà mai un album live ufficiale di Patti Smith e la Casa del Vento?”.
FRY “Sarebbe favoloso ma per ora nulla all’orizzonte, Casa del Vento però compare nel film “Patti in Florence” che uscirà a breve nelle sale”.
Che poi col cinema Fry già si è tolto già le sue soddisfazioni, nel 2001 è infatti apparso in “Gangs of New York” di Martin Scorsese. La prossima puntata magari la faremo cominciare da qui, con Leonardo DiCaprio che rimane a guardare.
Jerusalem Vibes, il primo singolo