Paolo Fresu, ReWanderlust a MonfortInJazz. 26 Luglio 2020.
Proprio in apertura di concerto Paolo Fresu dedica un minuto di raccoglimento in onore delle vittime della pandemia. Lo fa alla sua maniera, soffiando delicatamente nel suo strumento appena trattato con l’elettronica. Ne estrae suoni leggeri e infiniti, figli dell’aria e del mediterraneo, leggeri come una carezza dedicata a chi non c’è più, portato via da questa maledetta malattia.
Sono tempi difficili per tutti e il mondo dello spettacolo e della musica non fa eccezione: quasi tutti i festival estivi sono stati annullati ed è difficile prevedere cosa succederà in autunno quando gli spazi all’aperto non saranno più disponibili.
Per fortuna alcune realtà hanno provato a resistere, e le Langhe in particolare sono qui a dimostrarlo. Cancellato giocoforza il cartellone di Collisioni, hanno tenuto botta il festival di Roddino, ottimamente organizzato e appena terminato, e quello di Cervere, ambedue forti di programmi studiati per soddisfare molti palati musicali.
E poi c’è MonfortInJazz, il festival organizzato ogni anno Renato Moscone e dal suo entourage che anche quest’anno accoglie gli appassionati nella sua magnifica cornice grazie a un cartellone sempre ben congegnato.
Domenica 26 la tromba e il filicorno del maestro di Berchidda sono accompagnati dal suo storico quintetto formato da Roberto Cipelli (pianoforte e piano elettrico), Tino Tracanna (sax tenore e soprano), Attilio Zanchi (contrabbasso), Ettore Fioravanti (batteria) e impreziosito dalla presenza di Filippo Vignato al trombone, ha tenuto due spettacoli, uno all’ora dell’aperitivo e uno serale. Mi piace pensare che questo quintetto si sia formato nel 1984, nello stesso anno in cui Paolo Fresu chiamava a raccolta i suoi musicisti io, da militare, mi innamorai perdutamente delle bellezze di un’Isola incredibile che non smetterò più di frequentare negli anni successivi. All’epoca, se lo ricorderà sicuramente anche Paolo, si poteva fare il bagno tra i capitelli romani di Nora e di Tharros, il territorio di Villasimius era selvaggio e sconfinato, il lavoro in miniera era durissimo, ma c’era, e Iglesias e Carbonia erano luminose e piene di vita. Non ho mai provato il mal d’Africa ma conosco perfettamente il mal di Sardegna quando ne sto per troppo tempo distante.
Le regole del distanziamento sociale fanno assumere all’anfiteatro dell’Auditorium Horszowski un aspetto un po’ malinconico, file e poltroncine così distanziate non si erano mai viste e il colpo d’occhio offerto dalla festosa muraglia umana che si vedeva nelle passate edizioni è inevitabilmente andato perduto.
Ad alleggerire l’atmosfera ci pensa la musica proposta dal musicista sardo e dal suo quintetto che ha offerto al pubblico la versione live di ReWanderlust, la riedizione di Wanderlust. Il disco che era stato inciso in Belgio e pubblicato nel 1997 è appena stato ristampato dall’etichetta Tuk Music di proprietà di Fresu stesso, è stato oggetto di una rimasterizzazione esemplare ad opera di Stefano Amerio che esalta suoni e dinamiche di una registrazione già bellissima, ed è presentato in un progetto grafico molto intrigante.
L’esecuzione del repertorio è perfetta e molto coinvolgente, grazie anche al suono perfettamente calibrato che esce dall’impianto audio; i musicisti si trovano a meraviglia, d’altra parte suonano insieme da così tanto tempo, e il pubblico è forse più del solito rispettoso, attento e partecipe.
Paolo Fresu ama spiegare la nascita di alcuni brani, quella che i presenti ricorderanno è l’introduzione a “Trunca e Peltunta”, dove spiega l’antico metodo usato dal padre pastore per marchiare le pecore di sua proprietà, “tagliando un piccolo pezzetto di orecchio e bucandolo con una fustella in un punto ben preciso” per dare all’animale una sorta di impronta digitale.
É un’usanza un po’ crudele ma necessaria che adesso per fortuna si è un po’ persa ma che è stata tramandata anche qui in Piemonte.
In un semplice titolo di una canzone c’è tantissimo: il ricordo della famiglia, l’amore per le antiche tradizioni, l’immagine di un tempo che non c’è più e il solidissimo legame verso il territorio e la natura. Un ponte ideale gettato tra la Sua terra e la Nostra.
Che bellissima serata.