Mio fratello è figlio unico?
“Ha nevicato anche l’anno scorso: ho fatto un pupazzo di neve e mio fratello l’ha buttato giù e io ho buttato giù mio fratello e poi abbiamo preso il the insieme.”
(Dylan Thomas)
“Quando i fratelli vanno d’accordo, nessun fortezza è così solida come la loro vita in comune.”
(Antistene)
“There’s so many different worlds
so many different suns
and we have just one world
but we live in different ones.”
(Dire Straits, “Brothers in arms”)
Sono pochissimi al mondo gli animali non sociali, e l’essere umano – in questo contesto – è forse il più grande esempio di specie che, per poter sopravvivere e riuscire a competere con specie fisicamente ben più prestanti, ha fatto della forza del gruppo un substrato per raggiungere lo sviluppo e affermare la propria predominanza sulle altre.
Insomma, quando ci siamo resi conto che da soli non saremmo andati da nessuna parte e avremmo fatto addirittura fatica a sopravvivere, abbiamo iniziato a cercare nel conforto dell’altro da noi la forza che ci mancava per poter garantire la nostra sopravvivenza fisica.
Nell’era moderna, questa necessità ovviamente si è evoluta e traslata da un piano di mera sussistenza fisiologica ad uno di vicinanza morale e psicologica. Vale a dire che il supporto che richiediamo a coloro di cui ci circondiamo e che, pertanto, vorremmo sempre vicino – sia in senso fisico che in senso metaforico – è un supporto di assoluto conforto: empatico, per così dire. In questo, il senso di “fratellanza” – che a giusto titolo è considerato da quasi tutti a questo mondo ‘primus intra omnes’ – dovrebbe essere il più forte rapporto sociale di conforto e sostegno che esiste al mondo.
Per molti motivi, invece, spesso non lo è; e il senso di sconforto che ne può derivare arriva a toccare in molti casi il più profondo sentimento di solitudine che una persona possa percepire in tutta la propria esistenza, anche ben più forte di quel senso di prostrazione che può derivare da un rapporto amoroso disatteso. Questo perché la “fratellanza” è in primo luogo – atavicamente e congenitamente – sostentamento vitale: è la proto-forma della socialità, il primo e più piccolo nucleo di specie che gli ominidi abbiano conosciuto decine di migliaia di anni fa.
Ha a che fare con un retaggio che ormai è nel nostro DNA come i caratteri del colore degli occhi, dei capelli e della carnagione. Per questo, quando una “fratellanza” viene negata, o avvilita, ci si sente davvero “divisi”; disattenderlo significa disattendere la nostra stessa essenza.
E quando dico ‘nostra’, intendo proprio dire la mia di me che scrivo. e la tua di te che leggi , di individui e di esseri vitali: in questo assolutamente singoli, senza eccezioni.