Orville Peck, il cavaliere mascherato al Circolo della Musica
Tra le particolarità del cartellone del Circolo della Musica, stagione 2019 sicuramente ricorderemo Orville Peck, salito sul palco della Ex Maison Musique, ieri sera, dopo una scatenata Manuela Iwansson che ha avuto il compito di scaldare il pubblico prima del suo arrivo con la sua banda di cowboys.
Sale per ultimo, incuriositi dalle immagini delle locandine ed in effetti non siamo rimasti delusi. La sua,
Un’immagine che colpisce senza dubbio, un po’ fuorilegge e un po’ Lone Ranger, volto coperto da una inquietante maschera di pelle con abbondanti frange. Il resto è abbigliamento d’ordinanza con cappello, camicia, gilet e stivali da vero cowboy con la chitarra a tracolla al posto del Winchester.
Vocione profondo e deciso, non si può non pensare a Jonny Cash e Roy Orbison, il timbro è quello, oltre ad un evidente richiamo all’essenza “queer”, confonde abbastanza, ma affascina, ben sostenuto da una band che quando parte in quarta trascina il pubblico in balli frenetici e involontari headbanging.
Il suo album di debutto “Pony” ha avuto recensioni entusiastiche, trainato dall’immagine nascosta che lo rende ancor più intrigante. Qualcuno lo avrebbero recentemente identificato, si dice che sia Daniel Pitout, ex batterista della band punk canadese Nü Sensae. Ma è un gioco che toglierebbe molto al personaggio, ed è il suo carattere peculiare. Per questo motivo ha recentemente avuto modo di dichiarare: «Capisco questa tentazione, ma provare a “smascherarmi” sarebbe inutile», ha fatto sapere il Orville attraverso il proprio agente. «Tutto ciò che chiedo è che le persone rispettino il mio lavoro e la scelta personale di essere un certo tipo di artista».
La sapiente miscela musicale che propone unita alla sua voce profonda, ha fatto drizzare le antenne di molte etichette di stampo alternative. Non stupisce infatti l’interesse della Sub Pop per il cantante mascherato di Toronto.
A renderlo intrigante ci sono sicuramente le taglienti chitarre elettriche, qualche rimando ad artisti affermati come Chris Isask, per arrivare anche ad echi shoegaze ed al rock australiano anni 80 (Hoodoo Gurus ad esempio), come nel caso di “Turn To Hate”, irresistibile ballatona chitarrosa che ci riporta immediatamente alla band di Dave Faulkner.
Le canzoni proposte sono quelle del suo debut album “Pony”, presentate con voce profonda da Orville, come un vero rude uomo del west e parlano di vendette, ma anche di amore e di immancabili cuori spezzati. Ne è un esempio ”Dead of Night”, il primo singolo estratto da Pony, che racconta di due sbandati in viaggio nel deserto del Nevada. La loro grande storia d’amore ci porta lungo sentieri della memoria impervi e polverosi, lungo stretti canyon o facendo l’autostop tra un casinò e l’altro, fino alla tragica conclusione.
Sempre In bilico tra amore, violenza e dolore, Orville alterna questa profondità a momenti scatenati dove le chitarre elettriche ed una potente sezione ritmica fanno da perfetta cornice a divertenti ballate, mescolando le sue qualità vocali alla classica musica country americana.
Forse la sua forza è proprio quella di prendere un genere con tradizioni così antiche come il country, farlo passare attraverso Elvis e Johnny Cash e portarlo ai giorni nostri. Una miscela divertente e senza dubbio riuscita.
Setlist:
Big Sky
Winds Change
Queen of the Rodeo
Roses Are Falling
Turn to Hate
Kansas (Remembers Me Now)
Something to Brag About(George Jones & Tammy Wynette cover)
Buffalo Run
Nothing Fades Like the Light
Ooh Las Vegas (Gram Parsons cover)
Dead of Night
Take You Back (The Iron Hoof Cattle Call)
Encore:
Fancy (Bobbie Gentry cover)