Gli anni perduti e la musica ritrovata di Nino Ferrer
Lo scorso sabato ho finalmente posto rimedio a una grave mancanza, che mi attanagliava da più di due anni, e sono andata a vedere l’attesissima replica di “Gli anni perduti di Nino Ferrer”, lo spettacolo di debutto del progetto ReDISCOvery, “format culturale che intreccia l’innovazione tecnologica con l’esperienza di ascolto, un vero e proprio documentario dal vivo in cui si fondono storytelling, musica, visual e teatro.” – purtroppo avevo perso la prima.
Sul palco, a trascinarci nell’incredibile storia (sconosciuta ai più e di sicuro a me) di Nino Ferrer, l’inventore delle “esperienze di ascolto”, l’inarrivabile Federico Sacchi, uomo d’immensa cultura musicale già noto a chi segue We love radio rock e non solo.
Il palco è avvolto dalla penombra, gli arredi di scena sono pochi, ma d’effetto: sulla sinistra una grande scrivania d’epoca. Sul suo ripiano cuffie, libri, dischi e uno schedario, anch’esso giunto fino a qui dagli anni ’60, attendono di farsi per un momento coprotagonisti di questo viaggio. Sulla destra un leggio, e un telefono grigio, con la rotella, che troneggia su di una pila di libri.
Accompagnato dalle prime note, entra il nostro music teller, e nel suo completo bianco doppio petto, con la sua bella voce calda, domina la scena. Inizia il racconto.
Certo, Nino Ferrer è “quello che voleva la pelle nera”, lo chansonnier sbarcato in Italia sull’onda di hit popolari che sono rimaste nella memoria collettiva dell’epoca e non solo, perché “La pelle nera”, “Agata” e “Donna Rosa” le conosciamo un po’ tutti, sulla scia dei ricordi di genitori e nonni per i più giovani, ed è proprio da lì che parte il nostro viaggio: dal successo incredibile di queste “canzonette” popolari, cucite addosso al bel francese dal ciuffo biondo.
Ma il racconto di Federico è musica, e la musica è il mezzo di trasporto grazie sul quale ci addentriamo nella profondità del talento di Ferrer, che è un artista vero, dall’anima soul e R&B in anni in cui, in Francia ma ancor più nell’arretrata Italia nazionalpopolare, questi generi sono sconosciuti e guardati con sospetto.
All’apice del successo italiano, Ferrer decide di voler mostrare a tutti la sua reale profondità e, incurante delle lusinghe del denaro facile, cambia totalmente rotta e convoglia tutto ciò che ha in termini di talento, possibilità economiche, forza d’animo in un album, Rats and roll, che gli costerà l’ostracismo di Mamma Rai e tutto il suo pubblico. Nino però non si guarderà indietro, disposto a perdere tutto pur di essere libero, otterrà entrambe le cose.
Riassumere in poche righe la parabola di Nino Ferrer è più complicato di quel che può sembrare, ma in qualche modo fattibile. Quello che non sono certa di riuscire a raccontarvi, a trasmettervi, sono le emozioni uniche che le “esperienze di ascolto” di Federico Sacchi riescono a donare agli spettatori. Non si sta semplicemente seduti ad ascoltare una storia (che comunque è sempre una bella cosa, se il narratore è all’altezza), si viene coinvolti attraverso le immagini e i suoni. Non solo: le storie che Federico ha finora deciso di narrarci, ci portano alla scoperta del lato oscuro e sconosciuto ai più dell’artista prescelto, alzando davvero molto il livello di curiosità e di coinvolgimento.
C’è un lavoro di ricerca, preparazione e scrittura immenso dietro ognuna delle esperienze proposte, ed è normale che, una volta chiuso il sipario, tu abbia solo voglia di procurarti la discografia
completa di Nino Ferrer (in questo caso, ma anche di Mark Hollis, se avrete assistito a “Talk Talk. Before the silence”) e ascoltarla in loop nei giorni a seguire.
Non è uno spettacolo teatrale, non è una performance, è un viaggio: attraverso la musica, per arrivare all’artista, all’uomo.
Grazie davvero, Federico Sacchi!