SublimaMente
“La poesia era per me come una valvola di fuga, un mezzo di consolazione, una sublimazione di ciò che non incontravo nel mondo.”
(Juan Larrea)
“Il declino comincia con la sostituzione dei sogni con ricordi, e termina con la sostituzione di ricordi con altri ricordi.”
(Nassim Nicholas Taleb)
“Viviamo in un mondo in cui ci nascondiamo per fare l’amore, mentre la violenza e l’odio si diffondono alla luce del sole.”
(John Lennon)
Sublimare. Nell’uso corrente che ne facciamo, è un meccanismo molto semplice, e – va riconosciuto – spesso anche molto efficace, per quel che può servire: che, di solito, è fare in modo di non sentire la mancanza di ciò che realmente vorremmo, che ci manca estremamente, ma che in quel momento è impossibile per noi ottenere. In quei casi, pertanto, è molto più facile e immediato ‘sostituire’ quella necessità con qualcos’altro, che tentare di superarla o – all’estremo – tentare di ottenerla con impegno e dedizione. In psicoanalisi, la sublimazione è un meccanismo che sposta una pulsione sessuale o aggressiva verso una meta non sessuale o non aggressiva, determinando però una valorizzazione a livello sociale delle pulsioni sessuali o aggressive in ambiti quali ad esempio la ricerca, le professioni o l’attività artistica, fino anche alla vita religiosa e spirituale. È, ridotto all’osso, un modo di trasformare un vuoto che potrebbe anche essere distruttivo in una pratica che, incanalando una certa tensione, la trasfigura positivamente. Pertanto, se vi dovesse mai mancare qualcosa (o qualcuno) così tanto da scoppiare, non vi rimane che incanalare, e sublimare. Ma, in effetti, pare che pure la pizza o le lasagne possano avere comunque un effetto equiparabile.