Nuove abitudini
La gente si aggrappa all’abitudine come ad uno scoglio, quando invece dovrebbe staccarsi e buttarsi in mare. E vivere.
(Charles Bukowski)
In amore, è più facile rinunciare a un sentimento che perdere un’abitudine.
(Marcel Proust)
“Another habit sentence him up with you
Another habit says he’s long overdue
Another habit like an unwanted friend
I’m so happy with my righteous self…”
(Pearl Jam, “Habit”)
Non nascondiamoci dietro ad un dito: non amiamo quasi mai le novità. Soprattutto, più diventiamo grandi, maturi, vecchi, meno ci risulta facile cambiare anche solo una di quelle confortevoli manie che quotidianamente ripetiamo quasi meccanicamente. Credo che il meccanismo sia il medesimo che si attiva nei bambini quando chiedono la stessa favola della buonanotte, o riguardano lo stesso cartone animato ripetutamente, fino allo sfinimento dei genitori (o alla liquefazione del dvd nel lettore). La ripetizione di piccole cose, quotidiana e sempre uguale a sé stessa, consente di avere dei punti fermi all’interno di un futuro la cui imperscrutabilità può effettivamente spaventare: in un contesto del genere, la novità crea forse ancora più apprensione, perché dà meno punti d’appoggio, meno porti sicuri: meno stampelle con cui continuare a zoppicare. Perché questo è: l’abitudine spesso diventa una stampella, appoggiandosi alla quale sarà certo molto meno facile cadere e farsi male. Ma per smettere di zoppicare, le stampelle prima o poi vanno riposte, e i passi fatti senza di quelle: i muscoli si possono rafforzare solo così, e la paura della caduta la puoi superare solo imparando a rialzarti. Non ci sono vie di fuga in questo, né scappatoie e scorciatoie. Per imparare serve l’impegno, certo: ma ciò che si apprende, prima di diventare nozione, è sempre novità. E alla ‘novità’ pertanto, per poter crescere, bisogna farci l’abitudine.
Ma mi raccomando: non troppo eh?