Smells like a friend of mine
10 Settembre 1991, 28 anni fa. (O giù di lì)
Ci sono date nella vita delle persone che arrivano silenziose, e vanno via lente e apparentemente neutre; tu vivi la tua giornata, regolare, anche un po’ ripetitiva se vogliamo. Solito tran tran, solite facce. non ti aspettavi nient’altro che quello, e il copione è andato liscio.
Ma quelle giornate invece, sono lì, nonostante tutto ti cambiano la vita, che tu lo voglia oppure no. E magari tu le aspettavi maledettamente, da tanto, spesso senza saperlo.
Per me il 10 settembre del 1991 fu una giornata così.
Intendiamoci, non mi ricordo assolutamente niente di quel giorno: un giorno come un altro del mio ultimo anno di Liceo, l’anno che mi portava alla maturità. Scuola iniziata da pochissimo, io seduto finalmente all’ultimo banco della classe dopo quattro anni passati in prima e seconda fila (esclusivamente per inedia, nessuna voglia di cambiare posto e uscire allo scoperto , decretando così l’ineluttabilità della mia mediocrità scolastica): un obiettivo anelato e raggiunto con somma fatica – che poi chissà perché, per accaparrarsi gli ultimi posti al liceo, dovevi arrivare per primo in classe a inizio scuola, quando poi nella vita futura sarebbe stato esattamente il contrario – insieme a quelli che sarebbero stati i miei compagni di ventura e di gioco per tutto quell’ultimo anno.
Comunque, quel giorno probabilmente passato a schivare la solita interrogazione di filosofia a sorpresa, e a cazzeggiare durante l’ora d’inglese davanti alla prof. meno preparata dell’ultimo millennio, era a mia insaputa il giorno che mi avrebbe cambiato la vita: o per lo meno, che avrebbe di molto aiutato i miei futuri gusti musicali.
Ho controllato: su wikipedia non esistono eventi storici memorabili che portino la data del 10 settembre 1991, probabilmente dev’essere stato il giorno più noioso del decennio, o forse del secolo. Uno di quei giorni che deve per forza passare, perché in calendario, ma che vanno via e nessuno poi ne saprà più nulla.
Ma poi, qualche mese più tardi, quel giorno divenne un faro nella nebbia per me, il primo di una lunga serie di scalini nel fantastico empireo della musica rock. E quel giorno lì, di qualche mese più tardi, mi attraversò il cervello come un raggio laser psichedelico la sua visione diurna, tra uno stravaccamento sul divano e il finto interesse per i libri di storia che tenevo di fianco a me mentre guardavo, come sempre, Mtv. Bè, certo, quando Mtv era ancora Mtv, e non un canale trash per giovani adolescenti debosciati e convinti che essere padri e madri a 16 anni sia uno status symbol.
Mi alzai in piedi, folgorato dalla musica e da quell’aria cupa e triste e al tempo stesso arrabbiata che aveva quel ragazzotto americano un po macilento , biondo e con gli occhi color del ghiaccio secco, che cantava con la voce più tagliente che avessi mai sentito. Un misto di varichina e acciaio, acida e affilata al tempo stesso. E mentre quelle immagini mi scorrevano addosso, colpendo i miei giovani occhi di imberbe diciottenne, mentre quelle note amplificate distorte riempivano i padiglioni auricolari di una consistenza che doveva essere il mio karma musicale tanto ricercato, iniziai a saltellare sul posto, rapito e ipnotizzato, mentre certamente mia mamma mi guardava come se fossi un piccolo bambino di satana.
Ricordo ancora che dissi “Cazzo!!! Cazzo!!! E Questi chi sono?”. O forse lo pensai solo: ma corsi a segnarmi il nome del gruppo, e della canzone, poi dell’album. Andai a ravanare nel mio borsellino. c’erano, 34000 lire, un capitale per quei tempi. ” Com’era? Ah si, Smells like…mmmm…fanculo alla prof, figurati se mi ricordo il resto del titolo!!” Il giorno dopo me ne andai in negozio, comprai quello che dalla copertina là per là mi era sembrato una raccolta di sigle di cartoni – o di brani per corsi di acquaticità dei neonati – e mi esclusi dal resto del mondo per le successive 3 ore, ascoltandolo e canticchiandolo in loop, senza mai uscire da quel mio torpore autistico temporaneo.
Da allora il torpore autistico mi è rimasto ogni qual volta ascolto la mia musica, quel gruppo di cantanti americani molto sbracati è diventato nel tempo quasi uno status symbol dei ragazzotti che vogliono far vedere di conoscere anche la musica rock (ma vagli a chiedere come inizia territorial pissing,e li vedrai smarriti con la tipica espressione di un Ramazzotti qualunque a cui è stato chiesto di intonare Dazed and confused), e quel biondo americano un po macilento – ma con la voce di varichina e acciaio – non è che un volto sulle magliette vintage dei nuovi teen agers.
E un fottuto yankee suicida che ha cambiato la storia del rock. E la mia.